Il Nucleo S.A.F.
La variabilità dell’ambiente sia urbano che extraurbano, determinano in caso di incidente di vario tipo e natura, scenari di riferimento spesso critici in ordine alle situazioni del rischio, sia per le persone che per i soccorritori, anche per quanto attiene ai possibili accessi ai siti naturali (grotte, forre, falesie ecc.) oartificiali (tralicci, grattacieli, viadotti ecc.)
Negli ultimi anni sono notevolmente aumentate le persone che si dedicano ad attività sportive che spesso si svolgono in ambienti particolarmente impervi dove le attrezzature e le tecniche di intervento utilizzate da sempre dai vigili del fuoco risultavano poco efficaci.
Per queste ragioni nel corso degli anni, in alcuni contesti territoriali della penisola, si è avvertita l’esigenza di elaborare ed adottare tecniche innovative di derivazione speleo – alpino e fluviale, inerenti le esigenze di soccorso dei vigili del fuoco.
Tali tecniche che sono denominate tecniche di derivazione Speleo Alpinistica e Fluviale (SAF) consentono di aumentare il livello di sicurezza dei soccorritori e migliorare il servizio offerto alla popolazione in particolare in quelle situazioni in cui, a causa dello specifico scenario incidentale, non sono utilizzabili i normali mezzi in dotazione.
Sono previste 4 tipi di qualificazioni distribuite su due livelli comprendenti ciascuno due fasi:
1A (primo livello fase A), 1B (primo livello fase B), 2A (secondo livello fase A), 2B (secondo livello fase B).
Di particolare interesse è stata l’attività svolta dal personale dei Vigili del Fuoco in possesso delle qualifiche S.A.F. nelle regioni colpite da catastrofi naturali come il sisma in Umbria e Marche e il sisma in Abruzzo.
Nelle Regioni di Umbria e Marche nel 1997 e in Abruzzo nel 2009 i S.A.F. del Comando di Ascoli Piceno hanno collaborato con le Sovrintendenze ai Beni Culturali e Ambientali per la messa in sicurezza delle opere architettoniche e artistiche di particolare importanza storica (torri, campanili, chiese, fortezze, ecc).
Il Soccorso Acquatico di Superficie
Negli scenari d’intervento nei quali l’acqua è l’elemento che costituisce pericolo, i Vigili del Fuoco sono in grado di operare una tempestiva e qualificata azione di salvataggio fin dai primi minuti dell’evento (i più importanti per la salvaguardia della vita) grazie alla presenza di Soccorritori Acquatici (SA) nelle squadre di soccorso.
La figura del Soccorritore Acquatico, inserito nelle squadre di intervento ordinarie attraverso un percorso formativo specifico, non sostituisce le strutture specialistiche del settore acquatico dei Vigili del Fuoco, bensì si integra nel servizio di soccorso potenziandolo e qualificandolo ulteriormente, riducendo i tempi di intervento su scenari acquatici in tutto il territorio nazionale, siano essi marittimi, lacustri e fluviali, anche in seguito di calamità naturali o micro-emergenze.
L’iter formativo del SA inizia con il Corso di autoprotezione in ambiente acquatico (ATP) e il Corso di Tecniche di Primo Soccorso Sanitario (TPSS) che da alcuni anni sono parte integrante del corso d’ingresso a tutti i Vigili del Fuoco,
La formazione prosegue con le qualificazioni di Brevetto di Salvamento a Nuoto (livello apicale dei corsi di tecniche natatorie) e di formazione in tecniche di derivazione Speleo Alpine Fluviali (SAF Flu) e culmina nel corso di formazione dell’Operatore SA.
All’operatore SA è richiesto sapere:
– riconoscere e valutare i rischi presenti negli ambienti acquatici;
– soccorrere il pericolante, con l’utilizzo di idonei DPI, ausili di soccorso e rispettando le regole comportamentali;
– effettuare operazioni di soccorso a pericolante operando da terra, da natante o entrando in acqua;
– cooperare alle operazioni di soccorso acquatico effettuate da colleghi specialisti (sommozzatori, portuali)
Nucleo NBCR
Negli anni ’60, la “guerra fredda” e la conseguente proliferazione di esperimenti con ordigni atomici, ma anche l’avvio dell’utilizzazione a fini pacifici dell’energia nucleare sviluppano nella Nazione una coscienza intesa a preservare la popolazione da questa nuova fonte di rischio.
Tant’è che la legge sull’ordinamento del Corpo del 13 maggio 1961 n. 469 attribuisce al Ministero dell’Interno, e per esso al Corpo Nazionale Vigili del Fuoco, tra l’altro. ” i servizi tecnici per la tutela dell’incolumità delle persone e la preservazione dei beni derivanti anche dall’impiego dell’energia nucleare”.
Per accertare la presenza di radiazioni ionizzanti si è creata una rete di stazioni fisse di monitoraggio ambientale per il rilevamento della ricaduta radioattiva susseguente ad esplosioni nucleari contaminanti e delle squadre speciali, “squadre radiometriche”, composte da personale opportunamente addestrato, equipaggiato con particolari protezioni individuali e dotato di strumenti per la misurazione della radioattività, in grado di intervenire in forma preventiva o di rilevamento e circoscrizione della zona di pericolo, anche nei casi d’utilizzazione pacifica dell’energia nucleare.
La prima rete di rilevamento della radioattività viene impiantata nel 1966 e conta migliaia di stazioni dislocate, oltre che nelle sedi VV.F., anche nelle stazioni dei Carabinieri.
Il continuo miglioramento ha oggi portato alla modifica della rete con stazioni automatiche di rilevamento con strumenti d’ultima generazione, dotati anche di autodiagnosi con trasmiss
ione ed elaborazione dei dati rilevati, che consentono anche il monitoraggio ambientale.
Tali stazioni sono situate ai nodi di una maglia in modo da ricoprire tutto il territorio nazionale e fanno capo alla centrale d’allarme sempre presidiata.
Per fronteggiare emissioni radioattive o sotto forma d’irraggiamento o contaminazione, Vigili del Fuoco sono dotati di diversi laboratori mobili per eseguire misure e controlli più sofisticati circa la natura delle radiazioni.