La valutazione di rischi in impianti a rischio di esplosione
per la presenza di polveri infiammabili
Si definisce una Esplosione
♦ un rilascio di energia,
in un tempo molto breve
♦ ed in uno spazio relativamente ristretto,
capace di generare un’onda di pressione
ed un fronte di fiamma che si propagano molto velocemente nello spazio circostante
La liberazione di Energia per esplosione di Polveri avviene per effetto della reazione di combustione seguente:
Polvere combustibile + Ossigeno
Ossidi + Energia
POLVERE
1. Indica lo stato di suddivisone spinta in cui si trova una sostanza solida
def. da norma CEI EN 50281-3 (31-52)
2. Piccole particelle solide nell’atmosfera, comprendente anche fibre e residui volatili di filatura,
che si depositano per il loro peso,
ma che possono rimanere sospese per un
certo periodo di tempo
Affinché in un processo sussista un pericolo di
esplosione di polveri devono verificarsi le seguenti condizioni (tutte necessarie):
• la polvere deve essere combustibile;
• la polvere deve essere in forma aerodispersa;
• la granulometria della polvere deve essere tale da permettere
il propagarsi della fiamma;
• la concentrazione della polvere deve essere all’interno di un
range definito come Limite (o Campo) di Infiammabilità;
• deve essere presente una sorgente di accensione di
sufficiente energia;
• deve essere disponibile una quantità sufficiente di
comburente (Ossigeno) per permettere la combustione.
Ciascuna di tali condizioni è essenziale
affinché avvenga il fenomeno dell’esplosione.
Ai fini della prevenzione delle esplosione, risulta quindi necessario analizzare le caratteristiche dei processi e determinare i parametri delle polveri, allo stesso modo di come si analizza il comportamento delle miscele di gas/vapori infiammabili, ma con maggior attenzione alle condizioni in cui le polveri sono presenti.
Esplosioni di polveri possono avvenire in ogni
attività in cui si maneggiano solidi finemente suddivisi, quali:
sostanze organiche
polimeri
resine
carboni
legno
sostanze alimentari
anche sostanze MOLTO
COMUNI
come:
farina di grano
polvere di cacao
zucchero a velo
quando trattate sotto forma di polvere su scala
industriale, ad es. in processi di macinazione, trasporto, separazione, essiccamento, ….
presentano un pericolo d’esplosione
Infiammabilità delle Polveri
30%
70%
Il 70% delle polveri presenti in industria è
INFIAMMABILE
Il fenomeno di esplosione delle polveri risulta
molto più complesso di quello di esplosione di vapori infiammabili
i parametri che caratterizzano la pericolosità di una miscela polvere–aria sono molto variabili in relazione alle caratteristiche fisiche della miscela nel processo e nelle varie apparecchiature:
– mentre una miscela di gas/vapori infiammabili/aria presenta solitamente dei parametri definiti e costanti (concentrazione, temperatura di infiammabilità, energia sviluppata dalla combustione,…), una miscela polvere/aria può subire nel processo delle variazioni che ne alterano le caratteristiche e quindi la loro pericolosità
Le condizioni di esplodibilità di una polvere
vengono determinate attraverso l’analisi di molti fattori fisici, tra i quali:
¾Limiti di esplodibilità (concentrazione polvere – aria);
¾Diametro medio (distribuzione granulometrica);
¾Pressione massima associata alla esplosione (Pmax);
¾Velocità massima di aumento della pressione di esplosione (dP/dt)max;
¾Energia minima di ignizione (Emin);
¾Temperatura minima di accensione (Tmin) e di decomposizione (se pertinente).
Sotto il profilo della loro pericolosità intrinseca le polveri vengono classificate attraverso alcuni parametri che ne caratterizzano la criticità uno dei principali è rappresentato dalla massima velocità di aumento della
pressione [bar/s] che dipende dal volume in considerazione tale parametro permette di classificare le polveri in tre classi di esplosività (St = 1, 2, 3) in relazione al valore assunto del parametro KSt
Legge “cubica” proposta da Bartknecht (1981)
KSt = (dP/dt)max (V)1/3
la validità della legge cubica è tuttavia limitata:
Comparazione tra i valori di Kst ottenuti con apparecchiature piccole
e quelli ottenuti con sfera da 1 m³.
si ottengono valori corretti di KSt
[Bertcknetcht 1981]
800
con volume pari ad almeno 20 litri
700
500 Bomba Hartmann
Sf era 5 litri
Sf era 10 litri
– per rapporti dimensione
non superiore a 5.
400
300
100
Sf era 1000 litri
0
le linee di trasporto delle polvealorre Ks t -iappare cchio da 1 m ³ [bear m /s ] le
0 100 200 300 400 500 600 700 800
V
apparecchiature ad esse associate presentano rapporti molto variabili.
proposta da Bartknecht
e
Campioni in polvere (granulometria < 40 μm) in reattori da 20 l
usando come innesco scariche capacitive o filamenti incandescenti.
Polvere Pmax (bar) Kst (bar.m. s-1)
PVC 6,7-8,5 27-98
latte in polvere 8,1-9,7 58-130
polietilene 7,4-8,8 54-131
zucchero a velo 8,2-9,4 59-165
resina epossidica 7,8-8,9 108-174
lignite 8,1-10,0 93-176
segatura 7,7-10,5 83-211
cellulosa 8,0-9,8 56-229
pigmenti 6,5-10,7 28-344
alluminio 5,4-12,9 16-750
Fonte: “Guida allo studio e alla Valutazione delle esplosioni di Polveri” P.Cardillo 2002
N.B. i valori per le polveri dipendono dai campioni e non devono essere generalizzati
Influenza dell’umidità della polvere
L’aumento dell’umidità riduce fortemente le caratteristiche esplosive:
• l’umidità può provocare una agglomerazione delle particelle tra
di loro, aumentandone il diametro e quindi riducendo
drasticamente il rischio di esplosione;
• l’evaporazione sottrae alla polvere una parte del calore
sviluppato nella reazione.
Pertanto, l’aumento dell’umidità determina una sensibile diminuzione della velocità massiva di esplosione e quindi
del parametro KSt.
Influenza della granulometria della polvere
La distribuzione granulometrica di una polvere ha un effetto critico sulla violenza dell’esplosione poiché interviene principalmente sulla velocità di crescita della pressione e, secondariamente, sulla pressione massima finale:
– la diminuzione delle dimensioni delle particelle favorisce sia la permanenza in forma aero-dispersa, sia la propagazione della fiamma.
– al diminuire delle dimensioni granulometriche, diminuiscono l’energia minima di accensione ed il Limite Inferiore di Esplosività.
Non è possibile tracciare una linea netta di demarcazione tra le polveri esplosive e quelle non esplosive in relazione alla loro granulometria
– tuttavia, si ritiene che quelle con diametro superiore a 500 μm (420 μm
secondo le NFPA 651) presentino una tendenza all’esplosione molto
bassa. Spesso tale valore viene assunto, come il limite oltre il quale una polvere non può esplodere.
Concentrazione della polvere – 1
Come i gas/vapori infiammabili, anche le polveri sono dotate di Limite Superiore (LSE) ed Inferiore di Infiammabilità (LIE) entro cui sussiste il pericolo di esplosione.
– in una miscela di polvere con concentrazioni inferiori al campo di infiammabilità, la eccessiva distanza tra le particelle ne evita la propagazione della combustione tra le particelle stesse.
– per elevate concentrazioni, invece, le particelle sono così addossate le une alle altre da ostacolare la presenza di ossigeno nella necessaria quantità.
La concentrazione di polvere in aria
NON è spazialmente Uniforme
per cui è poco praticabile ritenere che sia possibile impedire un’esplosione rimanendo al di fuori dell’intervallo di infiammabilità
Affinché una miscela di polvere ed aria si
accenda, supposto che essa si trovi all’interno dei limiti di infiammabilità, è necessario comunque un innesco.
Le principali sorgenti di innesco:
• Attrito e urto
• Elettricità statica
• Fenomeni di compressione adiabatica elevati e veloci
• Fiamme
• Materiali incandescenti
• Saldatura e taglio
• Scintille di natura elettrica
• Superfici molto calde
Percezione degli inneschi
Tra le principali sorgenti di ignizione, alcune sono facilmente rilevabili (ad es.: fiamme, materiali incandescenti, saldatura e taglio); per esse l’attuazione di procedure di divieto e intervento degli operatori ne riduce il potenziale pericolo.
Per altre tipologie invece il principio di pericolosità può non essere percepibile:
• elettricità statica
• scintille, attrito e urto
• superfici molto calde
» Elettricità Statica
Attraverso la scarica elettrostatica, l’energia potenziale elettrica si trasforma in energia termica: se l’energia è sufficiente si può verificare un innesco
– dati statistici riferiti ad incidenti accaduti indicano che circa
1 esplosione di polveri su 10 è dovuta ad elettricità statica
Energia elettrostatica media accumulata da diversi elementi:
– Flangia da 100 mm: ca 0,5 mJ
– Piccola tramoggia: ca 6 mJ
– Persona: ca 50 mJ
– Autocisterna: ca 100 mJ
Conseguenze dell’esplosione di polveri
Gli effetti di un’esplosione di polvere sono tanto maggiori, quanto risultano più elevati :
• entità della sovrapressione: Pmax
• velocità con la quale essa si sviluppa: dP/dt
I valori di sovrapressione variano in range molto ampi, che dipendono dalle caratteristiche chimico/fisiche della polvere.
A seguito di un’esplosione di polveri, segue normalmente anche lo sviluppo di una fiamma (irraggiamento termico) che, con velocità molto inferiori l’onda di pressione, può determinare un incendio od un’esplosione secondaria indotta dal risollevamento delle polveri per effetto dello spostamento d’aria in altre aree non inizialmente interessate.
ESPLOSIONE PRIMARIA
Lo strato di polvere viene disturbato e si forma la nube
(a)
Onda d’urto 11
(b)
Azioni di Prevenzione
una attenta gestione degli impianti
impedire perdite di particelle di polvere
una razionale ventilazione
la diluizione della miscela
il controllo dell’efficienza dei sistemi di raccolta delle polveri
l’aggiunta di inerti, sia solidi che gassosi
Q U A L I T À AMBIENTE
Ing. Fausto Zani
SYRECO S.r.l. Via al Lido 5 – Gavirate (VA)
Controllo ed eliminazione delle sorgenti di accensione:
fiamme e gas caldi
materiali incandescenti
scintille provenienti da operazioni di saldatura e taglio
scintille da attrito e urto
scintille elettriche
superfici calde
riscaldamento spontaneo
sostanze piroforiche
elettricità statica
Adeguati Mezzi di Protezione
contenimento dell’esplosione
separazione degli impianti
soppressione dell’esplosione
sfogo dell’esplosione
La Classificazione delle zone che presentano
rischio di esplosione per la presenza di (sorgenti di) polveri combustibili viene effettuata rispetto alle installazioni elettriche e non-elettriche che possono costituire causa d’innesco.
La classificazione è eseguita secondo le norme
EN 50281-3 (CEI 31-52 e 31-56) vigenti in materia.
Zona 20 Luogo dove è presente continuamente o per lunghi periodi un’atmosfera esplosiva per la presenza di polveri.
Zona 21 Luogo dove è possibile sia presente durante il funzionamento normale un’atmosfera esplosiva per la presenza di polveri.
Zona 22 Luogo dove non è possibile sia presente un’atmosfera esplosiva per la presenza di polveri durante il funzionamento normale o, se ciò avviene, è possibile sia presente poco frequentemente e per breve periodo.
Sorgenti di emissione
Un punto o luogo da cui può essere emessa polvere combustibile con modalità tale da originare un’atmosfera esplosiva: può far parte del sistema di contenimento o di uno strato di polvere su una superficie libera
Le sorgenti di emissione sono suddivise in gradi:
Formazione continua Luoghi nei quali una nube di polvere può essere presente continuamente o per lunghi periodi, oppure per brevi periodi a intervalli frequenti.
Emissione di primo grado Sorgente che si prevede possa rilasciare polveri combustibili occasionalmente durante il funzionamento ordinario.
Emissione di secondo grado Sorgente che si prevede non possa rilasciare polveri combustibili occasionalmente durante il funzionamento ordinario
Esempi di sorgenti di emissione
Emissione di primo grado: vicino al punto di riempimento o svuotamento di un sacco.
Emissione di secondo grado: impianto di manipolazione e lavorazione delle polveri con presenza di depositi di polvere all’esterno.
Non sono in genere considerati, durante il funzionamento ordinario e anormale, delle sorgenti di emissione di polveri:
» Recipienti in pressione compresi passi d’uomo e ugelli.
» Tubi, condotti e derivazioni senza giunti
» Terminali di valvole e giunti flangiati (purché la progettazione / installazione abbai messo in atto gli accorgimenti necessari per prevenire eventuali perdite).
Impianto di produzione di polveri ad uso alimentare
Nell’impianto sono utilizzate due tipologie di materie prime:
» Sostanza organica in soluzione acquosa al 70% (slurry)
» Sostanza secca proveniente da silos (natura vegetale)
Il processo consiste nella miscelazione ed essiccamento di tali sostanze.
Il controllo e la conduzione delle lavorazioni avvengono dalla Sala quadri:
l’impianto opera a ciclo continuo in modo automatico, gestito da PLC.
In campo vengono effettuate le attività di supervisione/controllo/ispezione e le operazioni di assistenza allo scarico degli automezzi contenenti la sostanza secca, nonché l’insaccamento finale del prodotto.
L’impianto si sviluppa da una quota 0 a una quota + 30 m e le apparecchiature sono posizionate ai vari piani, sia in aree interne che esterne.
Descrizione processo
Le sostanze secche sono scaricate da automezzo in una apposita buca e da questa inviate ai sili di stoccaggio mediante coclee, elevatori a tazze e redler.
Dai sili di stoccaggio il prodotto è inviato al molino, al fine di ottenere la granulometria prevista dalle specifiche del prodotto; da questi, mediante trasporto pneumatico, il supporto macinato è inviato in cima al silo di raccolta e da questo alimentato ad un polmone sottostante.
Dal polmone di raccolta alle successive apparecchiature la movimentazione è effettuata per gravità attraverso uno specifico apparecchio dosatore posizionato su bilancia per il dosaggio di quantità della sostanza e in un mescolatore nel quale viene immessa la soluzione acquosa al 70% proveniente da apposito serbatoio (slurry).
La miscela ottenuta viene inviata in un ulteriore polmone intermedio, prima di essere inviata in uno dei due essiccatori.
L’essiccamento dello slurry è effettuato con aria preriscaldata in controflusso, regolando la temperatura dell’aria in scambiatori a vapore secondo cicli prestabiliti.
Il prodotto essiccato è quindi scaricato in raffreddatori ad acqua. Da questi viene inviato nei sili di stoccaggio del prodotto finito previa vagliatura.
Dai sili il prodotto finito è quindi inviato al confezionamento in sacchi o in big bags o spedito sfuso mediante carico con coclea su automezzi.
Caratteristiche di esplosività
La sostanza solida (prodotto finito in polvere in uscita dall’essicatore) è stata oggetto di analisi specifica mediante test di laboratorio dalla quale sono emersi i seguenti risultati:
Classe di esplosione delle polveri:
– pressione max raggiunta è stata pari a 6,8 bar @ 1500 °C.
– gradiente di pressione (dP/dt)max è risultato pari a 904 bar/s @ 3000 g/m3
– KSt = 240 bar m/s corrispondente alla St 2 (polvere più critica analizzata)
Resistività elettrica : 2,6 – 3,8 104 ohm m in relazione all’umidità della polvere da cui si deduce un “gruppo di resistività” definito come bassa resistivita’ assimilabile a quello delle polveri metalliche.
Last Relaxtion Time (tempo di mantenimento delle cariche elettrostatiche): < 0,01 s estremamente basso. Tale tempo risulta a favore della sicurezza in quanto evidenzia una debolissima tendenza al mantenimento dell’accumulo delle cariche. Energia minima di ignizione da cui sono emersi valori corrispondenti a 80 – 100 mJ: confrontabile con l’energia potenzialmente accumulabile da un impianto/autocisterna (ca 100 mJ), o da di uomo con abbigliamento non antistatico (ca 50 mJ). Adottate specifiche procedure per l’adozione di abbigliamento antistatico degli operatori e per il miglioramento delle verifiche di controllo della messa a terra e dei collegamenti equipotenziali degli elementi di impianto. Classificazione dei luoghi Dalla valutazione delle atmosfere esplosive (Direttiva ATEX e mediante l’applicazione delle norme CEI 31-52 e 31-56) è risultato che l’interno di tutte le apparecchiature relative alla sostanza secca macinata (polvere) è stato classificato Zona 20, vale dire zona con presenza pressochè costante di condizioni di potenziale esplosività, in quanto la miscela aria-polvere è tendenzialmente sempre entro i limiti di esplosività della polvere, salvo le variazioni indotte dal diverso grado di umidità dovuto all’essiccamento dello slurry negli essiccatori. Prevenzione dall’accumulo di polvere INTERNO alle apparecchiature. Preriscaldamento a 40°C dell’aria di ingresso al molino ed alla insaccatrice (aria di trasporto) per ridurre fenomeni di accumulo in strati delle polveri nelle linee. Ispezione giornaliera delle posizioni delle linee di trasporto ove sono risultati depositi significativi di polveri mediante appositi portelli per ispezione. Ispezioni giornaliera dei filtri sopra gli essiccatori per la verifica dello stato di “intasamento e accumulo” polveri fra le maniche. Pulizia settimanale degli essiccatori con vapore e aria al fine di evitare accumuli di sostanza. Sostituzione annuale di tutte le maniche dei filtri Inoltre: Nelle coclee viene movimentata, oltre al prodotto, anche una sostanza in pellets che favorisce una pulizia da depositi di polveri interni alle apparecchiature. In alternativa, si usa una sostanza ad elevato potere abrasivo che favorisce l’asportazione di eventuali residui all’interno delle linee di trasporto. Il molino è del tipo “a martelli di triturazione” ed è dotato di allarmi e blocchi automatici: • “Deprimometro” per la rilevazione di eventuale intasamento della linea • Sistema di vibrazione a monte del molino per evitare accumuli di sostanza in ingresso • Rilevatore di assorbimento elettrico per prevenire surriscaldamenti in caso di intasamento Prevenzione dall’accumulo di polvere ESTERNO alle apparecchiature. L’impianto è costantemente controllato nel suo funzionamento dal pattugliamento del personale in turno. Settimanalmente si effettuata la pulizia generale delle aree esterne dell’impianto. I condotti di trasporto aria ad alta temperatura sono opportunamente coibentati per evitare l’innesco della polvere su superfici calde. I silos sono mantenuti in depressione mediante un ventilatore che garantisce una portata d’aria costante ed evita il rilascio di polveri. Prevenzione dagli effetti del riscaldamento nel processo Premesso che le polveri (risultati dei test) hanno una temperatura operativa di sicurezza massima pari a 200°C: La temperatura massima del vapore per il riscaldamento del prodotto risulta essere pari a ca 150 – 160 °C peratura e di Sono installati dei rilevatori di flusso per l’aria in ingresso agli essiccatori, con conseguente allarme e chiusura del vapore di riscaldamento. I silos sono dotati di estrattori di aria con cui, favorendo la ricircolazione dell’aria stessa, vengono evitati fenomeni di fermentazione della sostanza ed il conseguente incremento termico. L’aspirazione dai silos implica una velocità di trasporto delle polveri di 30 m/s (corrispondente ad una portata di aria pari ad oltre 6.000 Nm3/h) che determina un controllo costante della temperatura entro i condotti e nelle apparecchiature. Valutazione degli effetti della esplosione La classe di esplosione delle polveri è St 2 (violenza dell’esplosione rilevata pari a 240 bar m/s). Il gradiente di pressione (dP/dt) è risultato pari a 904 bar/s @ 3000 g/m3 La pressione max raggiunta è stata pari a 6,8 bar @ 1500 °C Le aree di impatto (2^ zona: danni alle persone ed alle strutture) hanno una estensione massima di circa 20 m) Le apparecchiature dell’impianto (condotte di trasporto, essiccatori, silos, ecc.), essi sono prevalentemente in lamiera imbullonata e quindi facilmente cedevole in caso di scoppio. Le lamiere sono realizzate in acciaio AISI (304 – 316) con i seguenti spessori: – Linea di trasporto verticale ai silos (tubazione): 5 mm – Redler di trasporto (elevatore 1 e 2): 3,5 mm – Silos di stoccaggio polvere: 5 mm (parte inferiore) 2,5 mm (parte superiore) – Filtri / cicloni: 3,5 mm – Forni di essiccamento: 3 – 5 mm Gli essiccatori sono dotati di aperture per lo sfogo di eventuali sovrapressioni. Pertanto, un’eventuale esplosione determina il collasso strutturale della apparecchiatura, senza la proiezione di proiettili.
Conclusioni Elementi per la valutazione del rischio di esplosione 1) L’analisi sperimentale sulle caratteristiche di esplosività delle polveri ha raccomandato principalmente delle misure di carattere gestionale (abbigliamento e collegamenti equipotenziali). 2) Le misure impiantistiche e gestionali di sicurezza sono basate su principi di prevenzione piuttosto che di protezione, mediante un controllo attento e meticoloso del processo. 3) I controlli periodici e le attività di pulizia permettono di tenere sotto controllo l’accumulo di polvere, sia all’interno che all’esterno 4) Grande attenzione viene rivolta alla prevenzione del formarsi di cariche elettrostatiche. 5) Il personale dispone di adeguata strumentazione per la rilevazione di anomalie, oltre che di sistemi di blocco automatici Sono infatti presenti strumenti che possono segnalare preventivamente un fenomeno di innalzamento termico, anche progressivo. 6) L’esperienza pluri-decennale di attività dello stabilimento non ha mai evidenziato fenomeni di esplosioni all’interno ed all’esterno delle apparecchiature Interventi di miglioramento in studio Nonostante il rischio di esplosione sia giudicato accettabile, si è tuttavia deciso di migliorare il livello di sicurezza valutando l’adozione delle seguenti misure tecniche: – Portelli di ispezione – Condotti inclinati (> 50°) per evitare accumuli di polvere interni
– Barriere interne per evitare il propagare dell’esplosione
– Portelli di scoppio in altre apparecchiature (filtri e silos)
– Sistemi attivi di estinzione
Industria agrochimica: Verifica di adeguatezza degli impianti di formulazione e macinazione prodotti finiti in polvere
I dati sulle caratteristiche di esplodibilità dei prodotti sono tratti da specifici studi sperimentali ed analitici svolti da istituto specializzato.
La maggior pericolosità della polvere si ha durante la fase di macinazione con distribuzioni granulometriche con diametro medio maggiore di 25 µm e comunque minore di 200 µm
Al fine dei calcoli e delle verifiche delle apparecchiature potenzialmente coinvolte, le diverse polveri verranno tutte considerate, conservativamente,
come una polvere St1 avente ΔP = 8 bar e KSt = 150 bar m/s.
Gli impianti produttivi, per quanto riguarda il problema della formazione di polveri, sono suddivisi in sezioni caratterizzate dalla stessa operazione fondamentale e da apparecchiature simili:
− macinazione
− miscelazione
− filtrazione.
Caratteristiche dimensionali e costruttive apparecchi
¾ Trasferimento in tramoggia, dotata di filtro, che costituisce
Filtro ciclone (direttamente o attraverso piatto di micronizzazione) FA007,
un corpo unico col mulino K001 ed quindi anch’essa
inertizzata con Azoto:
con propria superficie di sfogo già installata Φ = 500 mm
¾ Macinatura con mulino K001, inertizzato con Azoto
Portello di ispezione
Tramoggia
Portello di scoppio
¾ Post miscelazione in P63, dotato di ampia apertura di sfogo verso la tramoggia:
¾ Stoccaggio del prodotto finito nei sili SIL001 e SIL002, entrambi inertizzati con Azoto:
Sili prodotto
Verifica del dimensionamento delle superfici di scoppio
Per la verifica delle superfici di scoppio necessarie per gli apparecchiature di processo inetressate dalla presenza di polveri esplosive sono state utilizzate le Norme VDI 3673: VDI 3673 Blatt 1 “Druckentlastung von Staubexplosionen: Pressure Venting of Dust Explosion” – VEREIN DEUTSCHER INGENIEURE, Düssldorf,1995
– L’equazione di dimensionamento, valida per concentrazione delle polveri omogenea (soluzione conservativa) e Pstat = 0,1 barg, è la seguente:
in cui:
A =3,264⋅10−5 ⋅
pmax
⋅ KSt ⋅
−0,569 0,753
red
– A area di sfogo (espressa in m²)
– V volume della miscela polvere/aria (in m³)
– KSt parametro della legge cubica (in bar m/s)
– Pmax massima pressione d’esplosione (in barg)
– Pred massima pressione residua all’interno del vessel (in barg)
Se H/D dell’apparecchiatura è maggiore di 2: +
I parametri adottati sono i seguenti:
ΔAH
= A(−4,305⋅logpred
+0,758)⋅logH D
− pressione massima di esplosione: 8 barg / classe della polvere: St 1.
− pressione di apertura della superficie di scoppio: 0,1 barg
− pressione residua in caso di esplosione con apertura dello sfogo: 0,3 barg
Verifica del dimensionamento delle superfici di scoppio
La pressione residua Pred tollerabile dagli apparecchi non è un parametro facile da determinare: è stato assunto basandosi su uno studio (Marcolin– Esplosioni di polveri: simulazione di una deflagrazione in un silo per stoccaggio di fitofarmaci – Università degli Studi di Padova- Facoltà di Ingegneria – Dipartimento di Ingegneria
Meccanica, in Vgr2k – Pisa, 2000) che fornisce le tensioni per diverse pressioni statiche applicate ad un tipico silo da prodotti fitofarmaci con spessore della parete pari a 3 mm:
Pressione statica [barg ] σMAX [MPa]
0,20 142.
0,25 166.
0,30 179.
Il valore di σMAX viene confrontato con il valore di 250 MPa pari Rp1.0 di
scostamento per un acciaio austenitico (= 225 MPa ), maggiorato del 10%
(secondo la VDI 2263 Part 3).
Dal confronto si nota che l’apparecchio “può resistere all’esplosione” fino ad una pressione residua pari a 0,3 barg.
Verifica del dimensionamento delle superfici di scoppio
Nel caso dei due cicloni FA018 e F66 in cui né la inertizzazione, né la realizzazione di adeguate superfici di sfogo risulta tecnicamente possibile, si ritiene comunque accettabile il rischio, in quanto non esistono al loro interno organi in moto e prevedibili fonti di innesco delle polveri.
Valutazione delle conseguenze dovute a una esplosione “ventata”
Lo scarico di una sovrapressione attraverso un dispositivo di sfogo determinata dalla esplosione di polveri è spesso causa di propagazione di fiamme e di onde di pressione.
Ciò è dovuto al fatto che inizialmente vengono espulsi prodotti incombusti, che con la successiva espulsione di fiamme vengono bruciati.
Più basso è il valore di Pred e maggiore sarà la lunghezza di questa fiamma.
In letteratura si trovano numerose testimonianze di questo fenomeno che in alcuni casi è stato causa di vittime. Occorre pertanto prevedere adeguati mezzi di protezione
Le condotte di scarico per il convogliamento in area sicura dei prodotti dell’esplosione possono essere efficaci; tuttavia, influiscono molto sulle dimensioni delle superfici a minore resistenza, in quanto la lunghezza del tubo innalza la Pred all’interno del recipiente (per tener conto delle perdite di carico)
imponendo l’uso di aree più estese per compensare questo aumento.
Se non si utilizzano condotti di scarico, bisogna quindi valutare l’area che potrebbe essere interessata da fiamme o da onde di pressione in caso di esplosione.
Dipende dal volume del recipiente, ma può arrivare in alcuni casi fino a 50 m
Valutazione delle Lunghezza della fiammata di una esplosione “ventata”
Lunghezza di fiamma: è disponibile un’equazione empirica fornita dalla normativa che può fornire un ordine di grandezza:
LF,H = 8 V1/3
valida per polveri di classe St 2 con le seguenti condizioni:
– 0,3 m³ < V < 10.000 m³; – Pmax ≤ 9 bar;
– 200 bar m/s ≤ KSt ≤ 300 bar m/s; – Pstat ≤ 0.1 bar;
– distribuzione omogenea; – Pred ≤ 1 bar;
Applicata, per esempio, alla tramoggia di carico del mulino della Linea 2 (V = 4,3 m³) fornisce un valore di circa 13 m.
Valutazione della sovrapressione di una esplosione “ventata”
Per quanto riguarda gli effetti della sovrapressione il comportamento pressione-tempo all’esterno del recipiente è caratterizzato da due picchi: uno causato dallo scarico delle sovrappressioni (esplosione primaria), l’altro dall’ignizione della miscela aria/polvere che si viene a creare all’esterno (esplosione secondaria).
Sono entrambi influenzati dall’indice di deflagrazione della polvere KSt.
Per l’esempio preso in precedenza, si otterrebbe:
Pmax,a = 0,2 Pred A0.1 V0.18 = 0.07 bar (2^ Zona di danno)
ad una distanza dall’area di scarico pari a:
RS = 0.25 LF,H = 3 m
valida, tuttavia, per un recipiente quasi-cubico con distribuzione omogenea della polvere, protetto mediante dischi di rottura
FONTE:SYRECO