16.6.1 Il terremoto: nomenclatura e genesi
Il termine terremoto deriva dal latino “terrae motus” e consiste in uno scuotimento del suolo più o
meno prolungato (da pochi secondi ad alcuni minuti).
Tale scuotimento può determinare effetti sia sugli edifici interessati dal moto quali lesioni,
ribaltamenti, crolli che effetti sul territorio circostante (effetti “cosismici”) come frane, fagliazioni
superficiali, liquefazione dei terreni, assestamenti, tsunami.
registrate per mezzo di sismografi.
Il terremoto è originato da rotture delle rocce del sottosuolo
per effetto di eccessi di sforzi causati dalla tettonica delle
placche di cui è costituita la crosta terrestre (deformazioni e
movimenti che provocano terremoti di origine tettonica)
oppure da movimenti magmatici in corrispondenza di zone
vulcaniche (terremoti vulcanici). La superficie di frattura tra
diverse zolle di sottosuolo si chiama
faglia. Il punto di origine del
terremoto è detto ipocentro o fuoco
e la sua proiezione ortogonale sulla
superficie terrestre è detto
epicentro.
La rottura della crosta terrestre determina delle “onde sismiche” di differenti tipologie:
Le onde P (di compressione o primae) viaggiano nel sottosuolo ad una velocità di circa 1,7 volte
la velocità delle onde S (o di taglio o secundae). Le onde di Rayleigh e di Love sono onde
superficiali.
E’ importante utilizzare una corretta terminologia per garantire una rapida ed efficace
comunicazione tra i colleghi e con gli Enti esterni.
Per indicare quanto sia stato “forte” un terremoto vengono utilizzate due definizioni differenti: la
magnitudo e l’intensità.
La magnitudo fu definita nel 1935 dal sismologo C.F. Richter come misura oggettiva della quantità
di energia elastica emessa durante un terremoto.
L’intensità di un terremoto quantifica e classifica esclusivamente gli effetti provocati dal sisma
sull’ambiente, sulle cose e sull’uomo. Pertanto, a differenza della magnitudo, per uno stesso
terremoto essa può assumere valori diversi in luoghi diversi. L’intensità e la magnitudo non sono a
rigore correlabili !!!
La classificazione in base all’intensità di un terremoto viene effettuata mediante la cosiddetta
“scala Mercalli”, ideata da Mercalli nel 1902 e modificata da Cancani e Sieberg (M.C.S.) nel 1923 e
successivamente nel 1931 e 1956. Essa è suddivisa in 12 gradi. Ecco la scala in forma
dettagliata…
…e in forma sintetica:
Consultando il sito dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (www.ingv.it) è possibile
conoscere in tempo reale Magnitudo e posizione dell’epicentro del sisma.
Il grande successo della scala Mercalli che “resiste” dal 1902 è legato al fatto che essa fornisce in
tempi rapidi una stima dei danni sul territorio e quindi consente una stima rapida degli stanziamenti
da erogare per la riparazione dei danni e “costringe” le Autorità locali a comunicare i danni rilevati.
Sebbene come detto non sia possibile correlare in maniera rigorosa la magnitudo all’intensità,
esiste comunque una carta di correlazione ricavata in base alla realtà edilizia italiana. Essa è
riportata nella figura seguente:
Come si vede i terremoti percettibili dall’uomo sono quelli con magnitudo superiore a 3.
Per la classificazione sismica del territorio italiano si rimanda alla sezione dedicata nel capitolo
“azioni”.
Una cosa importante da osservare, comunque, è che tutto il territorio italiano è classificato
sismicamente e che le zone maggiormente penalizzate sono quelle appenniniche, il Friuli Venezia
Giulia, la Calabria e la Sicilia Orientale, mentre “isole felici” sono la Sardegna, la Puglia
meridionale, parte della Val Padana e dell’Arco Alpino.
Per un Vigile del Fuoco è fondamentale conoscere la classificazione sismica dei Comuni del
proprio territorio di competenza per essere in grado di valutare da un punto di vista qualitativo,
in fase di sopralluogo, gli eventuali accorgimenti antisismici presenti sull’edificio osservato e per
poter stimare la capacità del manufatto di resistere ad eventuali after shock nel breve periodo
successivo.
Attenzione, non ci si stupisca se…
… si verificano fenomeni di amplificazione delle onde sismiche dovuti a particolari realtà locali
(presenza di terreni particolarmente soffici!).
Nell’esempio a lato lo stesso
terremoto (magnitudo unica)
è stato classificato di
intensità VII in zona
rocciosa e di intensità IX in
zona con terreno soffice. Le
due zone distano tra loro
appena 350m!
16.6.2 I danni da terremoto
Quando si verifica un terremoto violento i fabbricati si danneggiano: è proprio grazie alla qualità del
loro danneggiamento che i fabbricati non crollano. In sostanza, se un fabbricato di “danneggia
correttamente” resiste al terremoto e non crolla. Il Vigile del Fuoco
deve essere in grado di valutare la qualità del danneggiamento per
capire se il manufatto si è comportato bene o male e per cercare di
prevedere come si comporterà a seguito di eventuali repliche.
Le cose da guadare durante un sopralluogo post sisma sono tre:
• Il comportamento dei materiali
• Il comportamento delle sezioni
• Il comportamento dell’intera struttura
Per quanto riguarda i materiali costruttivi, non essendo possibile effettuare in fase di sopralluogo
dei controlli sperimentali, basta sapere che l’acciaio è un materiale più “deformabile” del cls e della
muratura.
Per quanto riguarda le duttilità a
livello delle sezioni e di struttura,
bisogna sapere che in una struttura
intelaiata (quali la maggior parte di
quelle in c.a.), le zone “delicate”
sono costituite dai pilastri e dai
nodi, mentre risultano “meno vulnerabili” le travi sollecitate a flessione e non a taglio. Per tale
motivo, durante un sopralluogo, è bene accertarsi che dopo un sisma non siano presenti rotture
dei nodi perimetrali, né schiacciamenti o disassamenti di pilastri o meccanismi di rottura per taglio:
insomma si preferisce che si danneggino le travi e non i pilastri o i nodi.
Da un punto di vista di assetto strutturale, invece, bisogna tener presente che le strutture
“antisismiche” devono essere il più possibile regolari in pianta ed in elevazione.
Facciamo un esempio classico:
La struttura di mezzo evidenzia il problema del piano soffice (o piano debole): le rotture si
verificheranno prevalentemente in tale zona e la cosa non è gradita.
Altro problema è quello dovuto alla
presenza di pilastri tozzi che si
rompono per taglio (meccanismo
fragile). E’ di seguito riportato il caso di un parziale tamponamento di una struttura con formazione
di una biella compressa al suo interno e conseguente rottura per taglio dei pilastri tozzi (la
presenza di una finestratura alta lungo la tamponatura è classica quando si verifica tale
fenomeno).
Altro dissesto tipico è provocato dall’irregolarità in pianta dei fabbricati: la presenza di forti
eccentricità tra il baricentro delle masse e quello delle rigidezze determina forti rotazioni dei
manufatti con conseguente forte richiesta di duttilità alle strutture portanti più lontane dal centro di
rotazione (coincidente con il baricentro delle rigidezze):
Sono di seguito evidenziate distribuzioni in pianta favorevoli e non, sia per la non coincidenza tra
baricentro delle masse e delle rigidezze che per infelice scelta della pianta la cui forma favorisce
moti torsionali e concentrazioni di sforzi nei punti angolosi:
Pilastri gravati da
notevole richiesta
di duttilità
Altro problema è costituito da strutture aderenti che, durante il sisma, oscillano in controfasce.
Esse sono soggette al fenomeno del martellamento. Le norme tecniche prescrivono un giunto
strutturale non inferiore a H/100 (essendo H l’altezza del fabbricato a partire dallo spiccato delle
fondazioni).
Le arcate che collegano i fabbricati nei centri storici
rappresentano dei vincoli unilaterali: possono essere efficaci
solo se gli edifici oscillano in fase ma perdono la funzione di
ritegno in caso contrario.
Anche la distribuzione in altezza delle masse può essere sintomatica di irregolarità strutturali. E’ di
seguito riportato un riepilogo delle configurazioni favorevoli e sfavorevoli in altezza. Si noti che è
bene evitare irregolarità (ossia brusche variazioni di rigidezza e di masse che determinano
concentrazioni di sforzi).
Nelle figure che seguono si nota che nel caso “a” (telaio regolare) la rigidezza è ben distribuita
mentre nei casi “b” (telaio controventato), “c” (telaio con setti) e “d” telaio con controventi e nucleo
la rigidezza prevale in una sola direzione (b e c) o non è ben distribuita (caso c).
16.6.3 Le caratteristiche dei fabbricati in muratura in zona sismica
Il successo di un manufatto in muratura in zona sismica è legato alla possibilità che esso ha di
comportarsi come una scatola compatta.
La seguente figura aiuta a comprendere cosa si intende per comportamento “scatolare” di un
edificio in muratura.
Si prendano quattro cartoncini e li appoggino l’uno all’altro a mo’ di
quadrato: i quattro fogli si terranno in piedi in equilibrio precario (come in
un castello di carte): anche un soffio di vento può abbatterli.
Se gli spigoli dei cartoncini sono legato tra loro, la
struttura acquisterà una maggiore rigidezza e se
con il coperchio si chiude la scatola, il sistema sarà
molto più rigido e resistente.
Un edificio in muratura deve comportarsi proprio
come una scatola: le pareti devono essere ben
ammorsate tra loro e non troppo distanziate, i solai
devono essere rigidi nel loro piano e correttamente
collegati alla muratura.
Le pareti, inoltre, devono essere in grado di
resistere alle azioni sismiche senza danneggiarsi eccessivamente e per tale motivo devono essere
di spessore adeguato, di materiali adatti e con vani non troppo grandi e comunque ben allineati.
Le piattabande devono essere ben ammorsate nella muratura in maniera tale da garantire un
efficace trasferimento dei carichi ai
maschi sottostanti.
Infine, le strutture spingenti (archi,
volte, capriate), tipiche degli edifici
con struttura muraria, devono
essere a spinta eliminata.
Le figure seguenti esplicitano alcuni dei concetti appena espressi:
Presenza di cordoli di collegamento tra solai e muratura
Muri di spina non troppo distanti tra loro (max 7 metri) ed ammorsamenti efficienti (incroci lunghi
mai meno di un metro).
Ammorsamento delle piattabande nella muratura (durante il sisma è proprio nelle “fasce di piano”
presso le piattabande che si verificano concentrazioni notevoli di sforzi).
Allineamento dei vani (porte e finestre) per rendere efficace la parte di sistema sismoresistente
costituita dai maschi murari. Come si vede in figura il non allineamento dei vani rende di fatto
inefficaci parti consistenti dei maschi con concentrazione di sforzi nei pochi maschi aventi pieno
sviluppo in verticale. Questo fenomeno è ben accentuato nei centri storici delle città dove non solo
i commercianti ampliano a loro piacimento le vetrine pensando di risolvere il problema con le sole
piattabande ma dove i condomini creano vani ovunque per migliorare la fruibilità delle loro dimore
(nuovi ingressi, nicchie per ripostigli…).
Le catene ai piani consentono di cucire le pareti opposte e di compattare la scatola muraria.
16.6.4 Altri effetti del sisma
Oltre al crollo o al danneggiamento dei fabbricati il sisma può indurre altri fenomeni quali:
frane, cedimenti e ribaltamenti di interi fabbricati, fessurazioni superficiali dei terreni, tsunami.
Tsunami
16.6.5 Esempi di dissesti post sisma
Le figure di seguito evidenziano esempi di forme strutturali non “antisismiche” che hanno portato a
forti danneggiamenti o a crolli degli edifici. Il Vigile del Fuoco deve essere in grado di riconoscere
in fase di sopralluogo tali fattori negativi per prendere tutti i provvedimenti idonei a tutelare la vita
delle persone e la salvaguardia dei beni.
MANUALE DISSESTI STATICI VOL.1
MANUALE DISSESTI STATICI VOL.2