Norme di sicurezza antincendi per gli edifici di civile abitazione
(G.U. n. 148 del 27 giugno 1987)
Note:
– In corsivo grassetto (blu) sono riportate le modifiche introdotte dal DM 15/9/2005;
– In corsivo (rosso) sono riportati vari chiarimenti e commenti sull’applicazione del decreto.
Con l’entrata in vigore il 7 ottobre 2011 del nuovo regolamento di prevenzione incendi di cui al
D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, gli edifici di civile abitazione sono ricompresi al punto 77
dell’allegato I al decreto, come di seguito riportato:
N. ATTIVITÀ CATEGORIA
A B C
77 Edifici destinati ad uso civile con altezza antincendio
superiore a 24 m(1) fino a 32 m oltre 32 m e fino
a 54 m oltre 54 m
I riferimenti, ove presenti nel testo, al vecchio regolamento (D.P.R. n. 37/98 e D.M. 16 febbraio
1982), devono intendersi aggiornati secondo l’equiparazione con il nuovo regolamento.
IL MINISTRO DELL’INTERNO
Vista la legge 27 dicembre 1941, n. 1570; Vista la legge 13 maggio 1961, n. 469, articoli 1 e 2; Vista la
legge 26 luglio 1965, n. 966, art. 2; Rilevata la necessità di emanare norme di sicurezza antincendi per
gli edifici di civile abitazione; Viste le norme elaborate dal comitato centrale tecnico scientifico per la prevenzione
incendi di cui all’art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577;
Decreta:
Sono approvate le norme di sicurezza antincendi per gli edifici di civile abitazione contenute in allegato al
presente decreto.
Sono abrogate tutte le disposizioni in vigore non conformi con le presenti norme.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi
della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.
1 Con l’entrata in vigore il 7 ottobre 2011 del nuovo regolamento di prevenzione incendi di cui al D.P.R. 1
agosto 2011, n. 151, gli edifici di civile abitazione sono ricompresi al punto 77 dell’allegato I al decreto:
Edifici destinati ad uso civile con altezza antincendio superiore a 24 m, che, a differenza di quanto
previsto dal vecchio elenco del D.M. 16/2/1982, comprende gli edifici destinati ad uso civile (non solo
civile abitazione), avendo come parametro l’altezza antincendio e non l’altezza in gronda.
NORME DI SICUREZZA ANTINCENDI PER GLI EDIFICI DI CIVILE ABITAZIONE(2)
1. GENERALITÀ
1.0 Scopo
Le presenti norme hanno per oggetto i criteri di sicurezza antincendi da applicare agli edifici
destinati a civile abitazione, con altezza antincendi(3) uguale o superiore a 12 m.
Si fa riferimento ai termini e definizioni generali di cui al Decreto Ministeriale 30 novembre
1983 (G.U. n. 339 del 12 dicembre 1983).
1.1 Campo di applicazione
Le presenti norme si applicano agli edifici di cui al punto 1.0 di nuova costruzione o agli edifici
esistenti in caso di ristrutturazione che comportino modifiche sostanziali i cui progetti siano
presentati agli organi competenti per le approvazioni previste dalle vigenti disposizioni dopo
l’entrata in vigore del presente decreto. Si intendono per modifiche sostanziali lavori che comportino
il rifacimento di oltre il 50% dei solai(4) o il rifacimento strutturale delle scale(5)
o l’aumento di altezza.
(6) Per gli edifici esistenti si applicano le disposizioni contenute nel
successivo punto 8.
2. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE
2.0 Classificazione
Gli edifici di cui al punto 1 vengono classificati in funzione della loro altezza antincendi(7) secondo
quanto indicato nella tabella A.
2 Non rientrano nell’attività del punto n. 73 dell’allegato I al D.P.R. n. 151/2011 le aree destinate a
civile abitazione le quali, anche se parzialmente presenti nell’edificio o complesso di edifici, non concorrono
nel computo dei parametri fissati per determinare l’assoggettamento o meno agli obblighi
del D.P.R. n. 151/2011.
3 Prima dell’entrata in vigore del D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, ai fini dell’assoggettabilità ai controlli di
prevenzione incendi di cui al punto 94 del D.M. 16/2/1982, si doveva fare riferimento all’altezza in
gronda (“l’altezza massima misurata dal piano esterno accessibile ai mezzi di soccorso dei vigili del
fuoco all’intradosso del soffitto del più elevato locale abitabile”) come definita al punto 2.b), penultimo
comma, della circolare n. 25 del 2 giugno 1982, e non all’altezza antincendi. (Lett. Circ. prot. n.
6140/4122 del 28/3/1987).
4 Detta percentuale è da riferirsi al numero di solai appartenenti al fabbricato per il quale si applica in
modo indipendente la norma (un fabbricato composto da più scale comunicanti attraverso l’atrio di ingresso
è da considerarsi unico ai fini dell’assoggettabilità ai controlli di prevenzione incendi) (Nota
DCPREV prot. n. 1691 del 9/2/2010).
5 Il consolidamento strutturale della scala non equivale al rifacimento della scala ai fini della definizione
degli interventi comportanti modifiche sostanziali (Nota DCPREV prot. n. 1691 del 9/2/2010).
6 Gli interventi di recupero dei sottotetti di un edificio non determinano variazioni dell’assoggettabilità
al DM 16 febbraio 1982 ma possono determinare la diversa applicazione del DM n. 246
del 16 maggio 1987 (Nota DCPREV prot. n. 1691 del 9/2/2010).
7 Nella definizione di “altezza ai fini antincendio degli edifici civili”(*), pur se non esplicitato, il piano
esterno più basso al quale riferirsi è quello accessibile ai mezzi di soccorso dei vigili del fuoco. Il concetto
che sta alla base della definizione è connesso, infatti, alla possibilità di effettuare il soccorso tecnico
urgente dall’esterno dell’edificio, restando inteso che dall’accesso esterno possano essere raggiungibili,
con un percorso interno, i vari locali dell’edificio (Nota prot. n. P558/4122 sott. 67 del 24/3/2004). (*) Altezza ai fini antincendio degli edifici civili: “Altezza massima misurata dal livello inferiore dell’apertura
più alta dell’ultimo piano abitabile e/o agibile, escluse quelle dei vani tecnici, al livello del piano
esterno più basso” (DM 30/11/1983).
TABELLA A
Tipo
di
edificio
Altezza
Antincendi(8)
Massima
superficie
del compartimento
(m2
)
Massima superficie
(m2
)
di competenza
di ogni
scala per
piano
Tipo di vani scala e di almeno un vano
ascensore
Caratteristiche
“REI” dei vani scala
e ascensore, filtri,
porte, elementi
di suddivisione tra
i compartimenti
a(9) da 12 m
a 24 m 8000
500 Nessuna prescrizione 60 (**)
500 Almeno protetto se non sono osservati
i requisiti del punto 2.2.1. 60
550 Almeno a prova di fumo interno 60
600 A prova di fumo 60
b da oltre 24 m
a 32 m 6000
500 Nessuna prescrizione 60 (**)
500
Almeno a prova di fumo interno se
non sono osservati i requisiti del
punto 2.2.1.
60
550 Almeno a prova di fumo interno 60
600 A prova di fumo 60
c
da oltre 32 m
a 54 m 5000 500 Almeno a prova di fumo interno 90
d da oltre 54 m
a 80 m 4000 500
Almeno a prova di fumo interno con
filtro avente camino di ventilazione
di sezione non inferiore 0,36 m2
90
e oltre 80 m 2000 350 (*)
Almeno a prova di fumo interno con
filtro avente camino di ventilazione
di sezione non inferiore a 0,36 m2
120
(*) Con un minimo di 2 scale per ogni edificio. Sulla copertura dell’edificio deve essere prevista
una area per l’atterraggio ed il decollo degli elicotteri di soccorso raggiungibile da ogni scala.
(**) Solo per gli elementi di suddivisione tra i compartimenti.
2.1 Comportamento al fuoco.
2.1.0 Resistenza al fuoco delle strutture(10)
I requisiti di resistenza al fuoco degli elementi strutturali vanno valutati secondo le prescrizioni
e le modalità di prova stabilite nella circolare del Ministero dell’Interno n. 91 del 14 settembre
1961, prescindendo dal tipo di materiale impiegato nella realizzazione degli elementi medesimi
(calcestruzzo, laterizi, acciaio, legno massiccio, legno lamellare, elementi compositi).
Il dimensionamento degli spessori e delle protezioni da adottare per i vari tipi di materiali suddetti
nonché la classificazione degli edifici in funzione del carico di incendio, vanno determinati
con le tabelle e con le modalità specificate nella circolare n. 91 citata, tenendo conto delle disposizioni
contenute nel Decreto Ministeriale 6 marzo 1986 (G.U. n. 60 del 13 marzo 1986).
8 Qualora il terrazzo di copertura dell’edificio sia adibito esclusivamente a vani tecnici, il relativo piano
non va computato ai fini della determinazione dell’altezza antincendio dell’edificio, così come definito
dal DM 30 novembre 1983. Qualora invece il piano terrazzo sia praticabile da gruppi di persone
ovvero non esclusivamente adibito a vani tecnici lo stesso vada ricompreso nel computo dell’altezza antincendi
e del numero dei piani dell’edificio (Nota prot. n. P900/4122 sott. 67 del 10/08/2000).
9 Prima dell’entrata in vigore del D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, considerato che ai fini dell’assoggettabilità
al p.to n. 94 del DM 16/2/1982 si doveva fare riferimento all’altezza in gronda e non all’altezza antincendi,
un edificio di civile abitazione anche di altezza antincendi inferiore a 24 m (edificio di tipo “a”) poteva
essere soggetta all’att. n. 94).
10 La Circolare n. 91/61 è stata sostituita dal DM 16 febbraio 2007 “Classificazione di resistenza al fuoco
di prodotti ed elementi costruttivi di opere da costruzione” e dal DM 9 marzo 2007 “Prestazioni di resistenza
al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei VV.F.”.
Per le strutture di pertinenza delle aree a rischio specifico devono applicarsi le disposizioni
emanate nelle relative normative.
2.1.1 Reazione al fuoco dei materiali(11)
Per la reazione al fuoco dei materiali, si fa riferimento al Decreto Ministeriale 26 giugno 1984
(supplemento ordinario alla G.U. n. 234 del 25 agosto 1984).
2.2 Scelta dell’area.
2.2.0 Accesso all’area.
Gli accessi all’area ove sorgono gli edifici oggetto delle presenti norme devono avere i seguenti
requisiti minimi:
– larghezza: 3,50 m;
– altezza libera: 4,00 m;
– raggio di volta: 13,00 m;
– pendenza: non superiore al 10%;
– resistenza al carico: almeno 20 tonnellate (8 sull’asse anteriore e 12 sull’asse posteriore;
passo 4,00 m).
2.2.1 Accostamento autoscale.(12)
Per gli edifici di tipo ”a“ e ”b“ deve essere assicurata la possibilità di accostamento delle autoscale
dei vigili del fuoco, sviluppate come da schema allegato, almeno ad una qualsiasi finestra
o balcone di ogni piano.
Qualora tale requisito non sia soddisfatto gli edifici del tipo ”a“ devono essere dotati almeno di
scale protette e gli edifici di tipo ”b“ almeno di scale a prova di fumo interne (vedi tabella A).
2.3 Compartimentazione
Gli edifici devono essere suddivisi in compartimenti anche costituiti da più piani, di superficie
non eccedente quella indicata nella tabella A.
Gli elementi costruttivi di suddivisione tra i compartimenti devono soddisfare i requisiti di resistenza
al fuoco indicati in tabella A.
2.4 Scale(13)
Le caratteristiche di resistenza al fuoco dei vani scala sono quelle previste nella tabella A. Negli
edifici di tipo ”a“, di tipo ”b“, di tipo ”c“, la larghezza minima delle scale deve essere di 1.05 m,
negli edifici di tipo ”d“ e di tipo ”e“ la larghezza minima delle scale deve essere di 1.20 m.(14)
Le rampe devono preferibilmente essere rettilinee; sono ammesse rampe non rettilinee a condizione
che vi siano pianerottoli di riposo e che la pedata del gradino sia almeno 30 cm misurata
a 40 cm dal montante centrale o dal parapetto interno.
Il vano scala deve avere superficie netta di aerazione permanente in sommità non inferiore ad
1 m2
. Nel vano di areazione è consentita l’installazione di dispositivi per la protezione dagli
agenti atmosferici.
11 Per i prodotti da costruzione si applicano le disposizioni contenute nel D.M. 10/03/05 e nel D.M.
15/03/05 che recepiscono il sistema europeo di classificazione.
12 In presenza di un edificio con più vani scala, non comunicanti fra loro, l’accostamento dell’autoscala
VV.F. deve essere garantito almeno ad una finestra o un balcone di ogni piano appartenente alla
verticale servita da ciascun vano scala (Nota prot. n. P891/4101 sott. 106/33 del 26 luglio 2000).
13 Il taglio della scala per l’installazione di impianti ascensore in edifici per civile abitazione preesistenti,
motivati dall’esigenza di adeguare gli stabili alle norme per il superamento delle barriere architettoniche,
non è da considerarsi come intervento di rifacimento strutturale (Nota prot. n° P118/4135
sott. 5 del 17 febbraio 2003).
14 A fronte di situazioni che richiedono la necessità dell’installazione di un impianto ascensore e
quest’ultimo non sia altrimenti realizzabile se non esclusivamente all’interno del vano scala, si
chiarisce che tale installazione non deve comportare un’eccessiva diminuzione degli spazi di
transito. Al riguardo, un utile riferimento per il dimensionamento al minimo delle scale, può senz’altro
essere costituito dal D.Lgs n° 626/94, così come modificato dal D.L.gs. n° 242/96, che stabilisce in m.
0,80 la larghezza minima di porte e portoni degli ambienti di lavoro. (Nota prot. n. P1424/4122 sott.
67 del 24-12-2002).
Il tipo e il numero delle scale sono stabilite in funzione della superficie lorda di ogni piano e del
tipo di edificio (vedi Tabella A)
2.5. Ascensori
Il vano di corsa dell’ascensore deve avere le stesse caratteristiche di resistenza al
fuoco del vano scala (vedi tabella A) e deve essere conforme alle specifiche disposizioni
vigenti.
(15)
2.5.0 Vano corsa (16)
Il vano corsa dell’ascensore deve avere le stesse caratteristiche REI del vano scala (vedi tabella
A). Nel vano corsa sono ammesse le seguenti aperture:
a) accessi alle porte di piano;
b) aperture permanenti consentite dalle specifiche normative fra il vano corsa e il locale macchine
e/o delle pulegge di rinvio;
c) portelli d’ispezione e/o porte di soccorso con le stesse caratteristiche di resistenza al fuoco
del vano corsa;
d) aperture di aerazione e di scarico dei prodotti di combustione come di seguito indicato.
Il vano corsa deve avere superficie netta di aerazione permanente in sommità non inferiore al
3% dell’area della sezione orizzontale del vano stesso, e comunque non inferiore a 0,20 m2
.
Tale aerazione può essere ottenuta anche tramite camini, che possono attraversare il locale
macchine, purché realizzati con elementi di resistenza al fuoco equivalente a quella del vano
corsa. Nel vano di aerazione è consentita l’installazione di dispositivi per la protezione degli
agenti atmosferici.
Nel vano corsa non possono essere poste in opera canne fumarie, condutture o tubazioni che
non appartengono all’impianto ascensore.
Quando il numero degli ascensori è superiore a due, essi devono essere disposti in almeno due
vani corsa distinti.
Il filtro a prova di fumo per vano scale e vano corsa dell’ascensore può essere comune.
2.5.1 Locale macchine
Il locale macchine deve essere separato dagli altri ambienti dell’edificio con strutture di resistenza
al fuoco equivalente a quella del vano corsa.
L’accesso al locale macchine deve avere le stesse caratteristiche del vano corsa; qualora il locale
macchine sia ubicato su terrazzo, l’accesso può avvenire anche attraverso vano munito di
porta metallica.
Il locale macchine deve avere superficie netta di aerazione permanente non inferiore al 3%
della superficie del pavimento, con un minimo di 0,05 m2
., realizzata con finestre e/o camini
aventi sezione non inferiore a quella sopra precisata e sfociante all’aperto ad un’altezza almeno
pari a quella dell’apertura di aerazione del vano corsa.
2.6 Comunicazioni
Per le comunicazioni con le aree a rischio specifico devono applicarsi le disposizioni emanate
con le relative normative.
Sono consentite le comunicazioni tra scale, ascensori e locali cantinati pertinenti le abitazioni
dell’edificio secondo quanto indicato nella tabella B.
15 Comma così sostituito dall’art. 5 comma 2 del D.M. 15 settembre 2005 “Regola tecnica di prevenzione
incendi per i vani degli impianti di sollevamento ubicati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione
incendi”.
16 Le disposizioni di prevenzione incendi per gli ascensori sono state aggiornate con il D.M. 15 settembre
2005 “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per i vani degli impianti di sollevamento
ubicati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi”.
TABELLA B
Tipo di edificio Tipo di comunicazione
a Diretta
b Tramite disimpegno con pareti REI 60 e porte REI 60
c Tramite filtro a prova di fumo con pareti REI 60 e porte REI 60
d, e Accesso diretto esclusivamente da spazio scoperto
2.7 Scale, androni e passaggi comuni(17) – reazione al fuoco dei materiali.
Le scale ed i gradini per gli androni e passaggi comuni devono essere realizzati con materiali di
classe 0.
Sono ammessi materiali di rivestimento di classe 1, per androni e passaggi comuni e, limitatamente
agli edifici di tipo ”a“ e di tipo ”b“, anche per i rivestimenti delle scale e gradini.
Non sono soggetti a tali prescrizioni le scale e i passaggi ubicati all’interno della stessa unità
immobiliare.
3. AREE A RISCHIO SPECIFICO.
Per le aree a rischio specifico pertinenti gli edifici (autorimesse, locali di esposizione o vendita,
depositi di materiali combustibili, ecc.) valgono le disposizioni in vigore.
4. IMPIANTI DI PRODUZIONE DI CALORE.
Per gli impianti di produzione di calore devono essere osservate le norme vigenti oltre a quanto
indicato nella tabella C(18)
.
5. IMPIANTI ELETTRICI.
Devono essere realizzati in conformità della legge 1 marzo 1968, n. 186. Negli edifici di tipo
”c“, ”d“, ”e“, deve essere installato un sistema di illuminazione di sicurezza, che deve garantire
un’affidabile illuminazione e la segnalazione delle vie di esodo.
Esso deve avere alimentazione autonoma, centralizzata o localizzata che, per durata e livello di
illuminamento, consenta un ordinato sfollamento.
17 Negli edifici a destinazione mista in cui siano presenti ai vari piani oltre ad appartamenti di civile
abitazione, anche locali adibiti ad uffici, studi professionali ed altre attività lavorative compatibili con la
destinazione d’uso dell’edificio, le vie di uscita comuni devono essere conformi alle norme di sicurezza
dei luoghi di lavoro. Ciò premesso ne consegue che il sistema di apertura dei portoni condominiali,
di ingresso all’edificio, deve conformarsi ai criteri stabiliti al punto 3.10 dell’allegato III al
D.M. 10 marzo 1998 (Nota prot. n° P1560/4122 sott. 54 del 7/12/1998).
18 Le disposizioni contenute nella tabella C dell’art. 4 del D.M. sono riferite agli impianti di produzione di
calore aventi potenzialità superiore a 30.000 Kcal/h. Restano ovviamente valide le disposizioni
contenute nella legge 6 dicembre 1971, n. 1083 (Lett. Circ. n. 24648/4122 del 22/12/1987).
TABELLA C
N.B. In corpi di fabbrica separati sono ammessi impianti alimentati da qualsiasi tipo di combustibile
con la sola condizione, per quelli funzionanti a gas con densità rispetto all’aria ≥ 0,8 che
siano ubicati in locali fuori terra.
6. IMPIEGO GAS COMBUSTIBILI.
Le condutture principali(19) dei gas combustibili devono essere esterne al fabbricato ed a vista.
Sono ammessi attraversamenti di locali purché le tubazioni siano poste in guaina metallica
aperta alle due estremità comunicante con l’esterno e di diametro superiore di almeno 2 cm rispetto
al diametro della tubazione interna.
7. IMPIANTI ANTINCENDI.(20)
Gli edifici di tipo ”b“, ”c“, ”d“, ”e“, devono essere dotati di reti idranti conformi a quanto di seguito
riportato.
La rete idranti deve essere costituita da almeno una colonna montante in ciascun vano scala
dell’edificio; da essa deve essere derivato ad ogni piano, sia fuori terra che interrato, almeno
un idrante con attacco 45 UNI 804 a disposizione per eventuale collegamento di tubazione
flessibile o attacco per naspo.
Il naspo deve essere corredato di tubazione semirigida con diametro minimo di 25 mm e di
lunghezza idonea ad assicurare l’intervento in tutte le aree del piano medesimo.
Tale naspo deve essere installato nel locale filtro, qualora la scala sia a prova di fumo interna.
19 Si definiscono “condutture principali” le tubazioni al servizio comune delle utenze dell’edificio alimentato
dall’impianto gas, cioè le sottocolonne e le colonne montanti. È consentita l’installazione delle condutture
principali all’interno dell’edificio in apposito alloggiamento il quale:
a) sia ad esclusivo servizio dell’impianto gas; b) abbia le pareti impermeabili ai gas; c) sia permanentemente
aerato con aperture alle due estremità; l’apertura di aerazione alla quota più bassa deve essere
provvista di rete tagliafiamma e, nel caso di gas con densità superiore a 0,8, deve essere ubicata ad
una quota superiore al piano di campagna ad una distanza, misurata orizzontalmente, di almeno 10 m
da altre aperture alla stessa quota o a quota inferiore; d) sia dotato, ad ogni piano, di sportello di ispezione
a tenuta di gas e di resistenza al fuoco almeno REI 30.
L’alloggiamento suddetto può essere destinato a contenere anche i misuratori per l’utenza dei vari piani
del fabbricato. (Lettera-Circolare prot. n. 14795/4101 del 26 luglio 1988).
20 Per gli impianti di protezione attiva contro l’incendio si applica il DM 20/12/2012 “Regola tecnica
di prevenzione incendi per gli impianti di protezione attiva contro l’incendio installati nelle attività soggette
ai controlli di prevenzione incendi”. Le disposizioni del decreto si applicano agli impianti di nuova
costruzione ed a quelli esistenti alla data di entrata in vigore (4 aprile 2013) del decreto stesso, nel
caso essi siano oggetto di interventi comportanti la loro modifica sostanziale, così come definita nella
regola tecnica allegata al decreto. Per gli “impianti esistenti” (senza modifiche sostanziali) rimangono
valide le disposizioni precedenti.
Al piede di ogni colonna montante deve essere installato un idoneo attacco di mandata per autopompa.
L’impianto deve essere dimensionato per garantire una portata minima di 360 l/min per ogni
colonna montante e, nel caso di più colonne, il funzionamento contemporaneo di 2.
L’alimentazione idrica deve essere in grado di assicurare l’erogazione, ai 3 idranti idraulicamente
più sfavoriti, di 120 l/min cad., con una pressione residua al bocchello di bar 1,5 per un
tempo di almeno 60 min.
Qualora l’acquedotto non garantisca le condizioni di cui al punto precedente dovrà essere installata
idonea riserva idrica; questa può essere ubicata a qualsiasi piano e deve essere alimentata
da acquedotto pubblico e/o da altre fonti.
Tale riserva deve essere mantenuta costantemente piena.
Le elettropompe di alimentazione della rete antincendio devono essere collegate all’alimentazione
elettrica dell’edificio tramite linea propria non utilizzata per altre utenze.
Negli edifici di tipo ”d“, ”e“, i gruppi di pompaggio della rete antincendio devono essere costituiti
da due pompe, una di riserva all’altra, alimentate da fonti di energia indipendenti (ad
esempio elettropompa e motopompa). L’avviamento dei gruppi di pompaggio deve essere automatico.
Le tubazioni di alimentazione e quelle costituenti la rete devono essere protette dal gelo, da
urti e dal fuoco. Le colonne montanti possono correre, a giorno o incassate, nei vani scale oppure
in appositi alloggiamenti resistenti al fuoco REI 60.
8. NORME TRANSITORIE.(21)
Negli edifici esistenti, entro 5 anni dalla data di entrata in vigore delle presenti norme, devono
essere attuate le seguenti prescrizioni.
8.0 Comunicazioni.
Negli edifici di tipo ”b“, ”c“, ”d“, ”e“, sono ammesse le comunicazioni di cui al 2° comma del
punto 2.6 attraverso porte REI 30, anche senza disimpegno, filtro a prova di fumo o accesso
diretto da spazio scoperto.
8.1 Illuminazione di sicurezza.
Negli edifici di tipo ”c“, ”d“, ”e“, deve essere installato un sistema di illuminazione di sicurezza
in conformità con quanto specificato al punto 5.
8.2 Impianti antincendio.
Negli edifici di tipo ”c“, ”d“, ”e“, devono essere installati impianti antincendio fissi conformi al
punto 7.
Restano tuttavia validi gli impianti già installati a condizione che siano sempre assicurate le
prestazioni idrauliche di cui al punto 7(22)
.
21 Agli edifici esistenti, che non siano stati interessati da opere di ristrutturazione comportanti modifiche
sostanziali, vanno in ogni caso applicate le norme transitorie di cui al punto 8 del DM 246/87, pur
essendo scaduto il termine di 5 anni previsto, dallo stesso punto, per l’adeguamento (Nota prot.
n. P330/4122 del 20 febbraio 1997).
L’Ufficio Studi, Affari Legislativi ed Infortunistica su un caso analogo aveva ritenuto che “il fatto che il
suindicato termine sia abbondantemente scaduto non determina l’automatica caducazione delle norme
transitorie, ma soltanto l’eventuale applicazione in caso di ritardato o mancato adempimento, di quelle
sanzioni, previste dalle leggi o dai regolamenti, da parte delle autorità competenti (ad esempio revoca
o sospensione fino all’attuazione di autorizzazioni o di licenze, ecc). Pertanto in ogni caso ed anche se il
termine di cinque anni è da tempo scaduto, gli edifici esistenti, sui quali non si siano effettuate opere di
ristrutturazione che comportino modifiche sostanziali, debbono essere sottoposti a quegli adeguamenti
previsti nelle norme transitorie suindicate”.
22 Per gli edifici aventi altezza superiore a 24 metri e fino a 32 metri (edifici di tipo b), preesistenti
alla data di entrata in vigore del D.M. 16/5/1987, n. 246, sussiste l’obbligo di protezione con impianto
idrico antincendio unicamente nel caso in cui l’impianto stesso sia stato espressamente previsto
all’atto dell’approvazione del progetto o del rilascio del certificato di prevenzione incendi da parte del
Comando provinciale VV.F.. In tale eventualità l’impianto deve assicurare le prestazioni idrauliche risultanti
dal progetto approvato o dal C.P.I. e deve essere mantenuto in efficienza secondo quanto previsto
all’articolo 5, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 37/1998.
9. DEROGHE
Qualora per particolari esigenze di carattere tecnico o di esercizio non fosse possibile attuare
qualcuna delle prescrizioni contenute nelle presenti norme, potrà essere avanzata istanza di
deroga con le procedure di cui all’art. 21 del D.P.R. 29 luglio 1982, n. 577.(23)
Per gli edifici di tipo b, esistenti alla data di entrata in vigore del citato decreto ed esclusi dalla precedente
fattispecie, non è quindi prescritta l’installazione di impianti idrici antincendio di tipo fisso
in quanto tale misura non è contemplata tra le norme di adeguamento di cui al punto 8 dell’allegato
al D.M. n. 246/1987 (Lettera-Circolare Prot. n° P1362/4122 sott. 67 del 24 agosto 2004)
23 L’art. 21 del DPR n. 577/82 è stato abrogato e sostituito prima dall’art. 6 del DPR 12 gennaio 1998
n. 37, e da ultimo dall’art. 7 del DPR 151/2011.