PUBBLICHIAMO ALCUNI DOCUMENTI STORICI DEL TERREMOTO DI CASAMICCIOLA DEL 28 luglio 1883
Sul terremoto di Casamicciola
Prima relazione dell’Osservatorio ed Archivio centrale geodinamico
presso il R. Ufficio geologico d’Italia a S. E. il
Ministro d’Agricoltura, lndustria e Commercio.
Il prof. Michele Stefano De Rossi, fondatore dell’Osservatorio
ed Archivio geodinamico, impiantato dal principio
dell’anno, per cura del Ministero d’Agricoltura, Industria e
Commercio, presso l’Ufficio geologico nell’ex-convento della
Vittoria, ha diretto al Ministero suddetto un primo rapporto,
che ci affrettiamo a pubblicare, sulle osservazioni
fatte in Roma e dintorni prima e nell’atto del recente terremoto
di Casamicciola.
A questo rapporto l’egregio professore si propone di
farne bentosto seguire degli altri, essendosi a tale scopo
recato ora nell’isola d’Ischia.
« Riservandomi di dare le notizie scientifiche sul disastro
di Casamicciola appena le avrò tutte raccolte ed ordinate,
ed anche attinte sul luogo, ove possa esser necessario,
credo mio dovere il fare intanto conoscere le osservazioni
fatte in Roma e dintorni prima e nell’atto di quel
fenomeno.
« Da parecchi giorni prima del 25 e del 28 i moti microsismici
in Rocca di Papa, e questi unitamente al microfono
in Roma, additavano un grande risveglio dell’attività
interna tellurica. Il terremoto avvenuto il 25 a Cosenza e –
Catanzaro parve dover essere il massimo cui preludevano
quei movimenti; ma il loro continuare e rinforzare additava
chiaramente l’avvicinarsi di un nuovo conato dinamico.
Del quale però la scienza oggi non poteva determinare
il punto topografico minacciato, perchè non sono
finora abbastanza numerosi gli osservatorii geodinamici,
massime nei luoghi che potrebbero più temere le manifestazioni
delle interne forze della terra. Così per questa
scossa che avvenne a Casamicciola noi potemmo solo sospettare
dalle direzioni dei movimenti e dalle notizie giornaliere
dei fatti notati qua e là in Italia, che l’attività sismica
si era concentrata nelle regioni meridionali della penisola.
Nel bullettino poi dell’Osservatorio geodinamico, che
quotidianamente si pubblica nel meteorico dell’Ufficio centrale
di meteorologia, tutti hanno potuto vedere le suddette
osservazioni microsismiche e sismiehe dei giorni decorsi.
< Il gran terremoto di sabato sera venne segnato dai
sismografi registratori anche in Roma, in Velletri ed in
Ceccano alle 9 30 pom., con onde lentissime fra N-S ed
E-W, rimanendo immoti gli avvisatori e gli altri istrumenti
indicanti le vibrazioni celeri e brusche del suolo.
« Da quanto apparisce dalle notizie finora giunte su
questo terremoto, esso fu una esatta e più vasta riproduzione
di quello del 4 marzo 1881 e di tutti gli altri antecedenti,
confermando così le previsioni ed i dati tutti rac
colti in quell'altra dolorosa circostanza. È deptorevole che
non sieno stati seguiti i miei consigli circa l'impianto di
osservazioni regolari in quel luogo, perchè da esse si sarebbero
indubitatamente raccolti gli indizi della imminente
catastrofe. Tali consigli non furono soltanto dati da me
immediatamente dopo la scossa del 4 marzo, ma furono
ripetuti da me medesimo unitamente al Denza, allo Stoppani,
al Silvestri ed al Galli, allorchè nel decorso settembre
vi ritornammo a studiare appunto la geodinamica locale.
< Fu in seguito a quest'ultima gita che io scrissi a nome
dell'Osservatorio ed Archivio geodinamico al direttore di
uno dei principali stabilimenti balneari, acciò per lo meno
intrapreridesse osservazioni giornaliere sulla temperatura
delle acque termominerali e sullo stato delle fumarole. Le
alterazioni della temperatura delle acque termominerali, allorchè
eccedono certi limiti, sono da annoverare fra i più
sicuri indizi di una burrasca endodinamica; ed anche senza
le osservazioni regolari e scientifiche furono sempre in Casamicciola
constatate tali alterazioni. Cosi fu prima del terremoto
del 4 marzo 1881, e così prima dell'odierno del 28
luglio. Anzi in quest'ultimo, come pure altre volte, vi si è
aggiunto il disseccamento dei pozzi, i rombi e le piccole
scosse sensibili; le quali cose dimostrano chiaramente quali
preziose indicazioni sarebbonsi avute in quei luoghi, adoperando
gli istrumenti sismici delicati, che ora si posseggono,
ed i microscopi per vedere, ed i microfoni e telefoni
per udire le vibrazioni sempre crescenti del suolo.
< La titubanza nel porre ad effetto i suddetti miei consigli
proveniva appunto dal timore che l'esistenza di un Össervatorio
geodinamico in Casamieciola fosse già un'apparenza
di pericolo ed allontanasse i bagnanti da quelle acque
salutari. Questa falsa idea preoccupava talmente le persone
anche colte di quel luogo,. che nei decorsi anni spesso le
notizie di piccoli fenomeni nu vernvano comunicate con
ritardo e con riserbo per timore della pubblicità.
< È da augurarsi che un simile pregiudizio non continui
a danno della scienza. La quale ebbe testè un valido impulso
dalla nuova istituzione fatta da V. E. L'Osservatorio
ed Archivio centrale geodinamico ora fondato presso il
R. Comitato geologico, raccoglie tutti i fatti relativi alla
attività interna del suolo, ne segue le fasi per mezzo dell'Osservatorio
centrale di Roma e dei molti altri che furono
impiantati già in parecchie parti d'Italia, ne promuove
tuttodl la fondazione di nuovi, massime in prossimità dei
centri di azione endogene; e tutto ciò per risolvere fra i
molti problemi della fisica terrestre principalmente quello
della previsione dei maggiori e disastrosi fenomeni.
«•Roma, 29 luglio 1883.
« Prof. MICHELE STEFANO DE ROSSI. >
INTRODUZIONE E RIASSUNTO DELLE OPINIONI DI \\, S. D E ROSS !
sui.
TERREMOTO DI CASAMICCIOLA
Allorché nel principio di agosto 1883, tornando dalla prima
visita all’isola d’Ischia, presentai al ministero di agricoltura, industria
e commercio la relazione dei fatti osservati, dissi di non
poter entrare nel freddo esame scientifico, senza prìma dare sfogo
alla pietà che mi stringeva il cuore, ed alla ammirazione degli
eroi, i quali tentavano strappare alla terra le vittime che aveva
già sepolte, ed aggiungeva che avrebbe potuto partecipare a quest’opera
santa anche la scienza col concentrare i suoi lumi a scrutare
senza gare personali i segreti della natura, onde divenire
un giorno anche sentinella contro i disastri geodinamici.
Ma questo invito al cuore degli scienziati, non fu inteso da
tutti; anzi vi fu taluno che rinunziando perfino alla propria missione,
cioè al dovere di scrutare i segreti della natura, dichiarò
augurarsi che il buon senso degli italiani avrebbe impedito la
moltiplicazione degli osservatori geodinamici desiderata dal de
Rossi. A tale enormità un’ altra risposta io credo dover dare
che la presente raccolta di fatti e di studi. Anche però volendo
trascurare questi eccessi di bassissima invidia, vergognosi innanzi ad
una pubblica calamità,è abbastanza nota la varietà delle opinioni
emesse dai dotti sulla natura degli odierni fenomeni ischianì. Ed
inoltro la moltiplicità dei sunti, dei resoconti e delle discussioni
che si fecero intorno a siffatte opinioni scientìfiche, ha spesso
alterato ovvero esagerato i giudizi emessi dai vari scrittori; cosicché
questi sono divenuti poi responsabili di sentenze che non
esprimono più il primitivo loro concetto. Anzi la detta moltiplicità
degli scritti rendendo impossibile il conoscerli tutti, non permette
neppure di rettificarli quando si volesse. È perciò che si
è reso estremamente difficile il mio compito in questo lìullettiuo
nel quale pure esprimendo i miei giudizi personali, debbo fedelmente
raccogliere e le notizie di fatto diligentemente certificate
e la rassegna degli .scritti e delle opinioni di tutti. E poiché è
fin gli scopi di questo periodico il conservare la trama anche
della storia dei nostri studi, e principalmente dell’operato nell’Osservatorio
ed Archivio centrale geodinamico, non posso omettere
la pubblicazione dei documenti a tutto ciò relativi.
Volendo adunque riuscire nel miglior modo possìbile, senza
troppo dilungarmi nò abusare di ripetizioni, in parte indispensabili,
ho divisato di riunire sotto il titolo suddetto di Raccolta di
fatti, relazioni e hiblìcgrafiv, l’esposizione di tutto il materiale
scientifico cui diede esistenza il disastroso avvenimento del 28 luglio
1883. Farò precedere un breve sunto dei giudizi da me già
espressi su quel fenomeno in varii scritti, riservando però la
discussione sui punti di parziale divergenza delle mie opinioni da
quelle di altri scrittori, sia alle piccole riviste bibliografiche, sia
alla illustrazione della tavola topografica e catalogo ragionato
delle notizie di fatto. Riprodurrò come ho già detto anche per
servire alla storia le quattro relazioni da me inviate a S. E. il
ministro dell’agri coltura, industria e commercio e da questo fatte
pubblicare nella Gazzetta ufficiale, corredandole di schiarimenti
e note che ne giusti fi eh eranno e confermeranno ogni parte. Quivi
si incontreranno molte ripetizioni di cose dette altrove; ma di
ciò chiedo venia al lettore perchè molte ragióni mi consigliano
a conservare intatti quei documenti. Terrà poi nella più breviforma
possibile tutto il materiale dei fatti bene accertati sia da
me sia da altri. E poiché questi per essere beni intesi debbono
eosere riscontrati sulla tavola topografica faranno parte della illustrazione
della medesima. Nella detta raccolta dei fatti ho procurato
sopratutto nulla omettere di ciò che viene riferito nelle
più importatiti e diligenti analisi che sìeno stato pubblicate; in
quelle specialmente del Palmieri, del Percalli, del Guiscardi e del
Giordano. Finalmente soggiungerò l’elenco e le riviste della Bibliografia
speciale di tutti i lavori di cui ho avuto conoscenza,
fra i quali procurerò di riassumere colla maggiore diligenza possibile
i lavori suddetti del Palmieri, del Guiscardi e del Mercallì.
La carta topografica dell’isola con i colori e coi segni di convenzione
speciali riassume insieme ed i dati di fatto e le mie personali
interpretazioni senza che le due cose si confondano, come
apparirà dalla speciale illustrazione. Anzi il confronto loro gioverà
a valutare più o meno l’importanza delle seconde. Posto
tutto ciò, comincio dal promesso riassunto dei miei giudizi, riproducendo
l’articolo già da me pubblicato ai 10 ottobre 1883
nella Rassegna italiana.
Tutti sanno che l’illustre professore Luigi Palmieri, pure ammettendo
un certo risveglio di attività i ulcanìca nell’isola d’Ischia,
attribuisce la gravità della catastrofe avvenuta alle condizioni speciali
di quel tratto di suolo, sul quale giaceva Casa micci ola. I vuoti
delle cave d’argilla ivi praticati da secoli e le erosioni cagionate
dalle acque termominerali nell’interno delle medesime ingigantirono,
secondo esso, le conseguenze d’un piccolo fenomeno sismico,
avvenuto ai 28 di luglio, prodneendo in quei vuoti franamenti
grandiosi per i quali il suolo superiore ne fu tutto scosso e conquassato.
Tutti pure sanno che moltissimi altri cultori delle scienze
geologiche hanno opinione diversa da questa del Palmieri, ed attribuiscono
tutta la vastità del fenomeno alla forza straordinaria
d’una grandiosa manifestazione d’attività vulcanica. Niuno certo
potrà credere che io nel sostenere questa seconda sentenza goda
quasi di oppormi alle idee del Palmieri. L’amicizia ed il rispetto
che mi legano al primo organizzatore di regolari osservazioni sul
Vesuvio, tolgono di mezzo questo sospetto. I meriti poi del Palmieri
verso la scienza sono tanto noti e numerosi che non vengono
in verun modo disconosciuti col dissentire da lui sopra un
punto speciale. Io però non mi studierò a dimostrare falsa l’opinione
del Palmieri. Basterà l’esposizione anche sommaria d”i fatti
per trarne la evidente dimostrazione dell’ indoli’ tutta dinamica
del fenomeno di cui ragioniamo.
Prima peri) di dimostrare la natura vulcanica del fenomeno,
voglio premettere poche parole sulla questione dei segni precursori
del terremoto, e sulla scientifica prevedibilità dei medesimi.
Questo argomento ha giustamente suscitato l’interesse dei dotti
e del pubblico colto, ma la polemica ne ha fatto un campo di
equivoci e di esagerazioni, che rendono oramai quasi impossibile
formarsi un chiaro concetto dello stato della scienza su questo
punto imnortantissimo.
Comincio dal separare la questione generica della prevedibilità
scientifica dei terremoti dalla questione speciale della esistenza
di fenomeni precursori del terremoto di Casamicciala, i quali
avrebbero potuto anche oggidì forse dare un sospetto dell’avvicinarsi
della catastrofe. 1 moderni studi sulla geodinamica hanno
fruttato moltissime cognizioni e vere scoperte di leggi, le quali
dimostrano che la scienza si è posta sul buon cammino e che
l’assiduità e la estensione delle indagini dovrà moltiplicarne i
risultati. La scoperta dovuta al chiarissimo P. Bertelli dei moti
inicrosismici, i quali compariscono, e si svolgono sotto forma di
vere burrasche terrestri, ci ha aperto un campo nuovo di studi
sopra una forma, prima non sospettata, di movimenti del suolo.
L’accresciuta serie dei mezzi fisici e meccanici per sorprendere
i veri terremoti poco o nulla sensibili ci permette ora di redigere
una statistica assai meno imperfetta che per lo passato di
questo genere di commozioni. La diligente analisi poi che si è
potuta organizzare sopra i terremoti di qualche importanza ci ha
permesso di scoprirne moltissime leggi meccaniche e geologiche.
Inoltre l’aver posto a confronto i fatti sismologici con i latti di
ordine eruttivo, cioè con le variazioni di temperatura delle acque,
con i livelli dello medesime, con le variazioni delle attività dei
vulcani e dogli pseudo-vulcani, ci ha svolato l’esistenza di relazioni
vicendevoli fra tutti questi fenomeni. Infatti, oggi il complesso
delle osservazioni geodinamiche, che sopratutto ci forniscono
gli osservatori speciali a ciò dedicati, ci apprestano i dati
per tracciare nel tempo una vera curva dell’attività endogena, i
cui massimi ed i cui minimi manifestano una forma periodica, la
cui intensità varia per l’influenza di fattori diversi. Quindi è che
lo svolgimento di detta curva, le sue forme di periodicità ed il
manifestarsi talvolta abbastanza chiaro dei fattori diversi influenti,
ci permette già prevedere nel tempo l’avvicinarsi di un massimo
o il volgere al minimo per ciò che riguarda l’insieme della detta
attività endogena.
Ma se abbiamo constatato l’esistenza di relazione fra i vari
generi di fenomeni sismici o fra tutti questi e gli altri fenomeni
geodinamici, non si è in egual modo giunti finora a conoscerne
tutte le leggi e molto meno le cause molteplici di perturbazione.
Studiando i fenomeni atmosferici ed i lunisolari cumulativamente
con gli endogeni terrestri apparisce pure un nitro evidente campo
di relazioni vicendevolmente attive e passive. Anche questo è un
campo nuovo e quasi sconfinato nel quale si può dire dimostrata
l’esistenza di una messe la cui maturità però è ancora lontana.
Senza entrare di più nella enumerazione dei risultati già ottenuti
e delle leggi più o meno già determinate, mi sembra che basti
la esposizione fatta dei capi d’osservazione per persuaderci che
la nostra nuova scienza può sperare nell’avvenire di acquistare
tali cognizioni delle leggi geodinamiche, da potere, sull’osservazione
degli andamenti periodici dei fenomeni, giungere alla esatta
previsione nel tempo e forse anche nella topografia dei fenomeni
eruttivi e sismici dì straordinaria intensità. È dunque per l’avvenire
c non pel presente cito io credo 2>oxsiljile la previsione
dei terremoti.
Quanto al caso speciale di vedere se la straordinaria intensità
dell’odierno terremoto di Casamicciola abbia suscitato nella
preparazione del fenomeno stesso alcuni segni precursori sensibili,
ognuno vede essere questione diversa dalla sopra svolta prevedibilità
avvenire dei terremoti:
Nel sopra citato mio rapporto al ministero di agricoltura e
commercio ho enumerato i fatti più o meno straordinari e certificati
che dimostrano nella Italia tutta dover esser comparsi
fenomeni straordinari endogeni in precedenza del terremoto di
Casamicciola. Ho pure dimostrato che nell’isola d’Ischia il complesso
dì tali fenomeni dovette essere tale da distinguersi notevolmente
dalle variazioni ordinarie che quei fenomeni subiscono
abitualmente nell’isola. I fatti straordinari di cui parlo
.sono appunto le variazioni in elevazione per alcuni luoghi, m
diminuzione per altri delle temperature delle aeque termominerali.
I disseccamenti ed intorbidamenti di acque d’ordinario po-
tabili, la frequenza eccessiva dei rombi e dei piccoli terremoti
ed alcuni evidenti spostamenti di suolo in riva al mare. Se tutto
ciò si rese osservabile senza l’aiuto di istrumenti e di indagini
scientifiche, è facile comprendere a qua! grado sarebbero giunti
gli indizi, se l’analisi regolare scientifica vi fosse stata già organizzata.
Ed inoltre, se tutti i fenomeni indicanti una recrudescenza
di attività endogena, che sono stati conosciuti solo imperfettamente
e dopo la catastrofe, ma che l’avevano preceduta
nelle diverse regioni d’Italia, fossero state pure regolarmente
esaminate e conosciute prima dell’infortunio, io non esito a credere
che malgrado la incompleta cognizione delle leggi che governano
i fenomeni geodinamici, sarebbe stato possibile il sospettare
l’accentramento minaccioso dell’attività endogena essersi
determinato nel vulcano dell’isola d’Ischia. Intanto è certo che
le osservazioni dei nostri gabinetti sismologici, salvo poche eccezioni,
additavano già fin dal 20 luglio una agitazione endogena
persistente che non cessò neanche dopo il terremoto intensissimo
avvenuto nelle Calabrie ai 25 di luglio medesimo. Oso pure affermare
che anche senza le osservazioni scientifiche l’apprezzazione
del complesso di vari fenomeni più o meno straordinari nell’isola
d’Ischia venivasi facendo instintivamente da molti fra gli abitanti
del luogo. Imperocché dalle moltissime relazioni raccolte sul luogo
parmi evidente che la voce del timore del terremoto prossimo
sordamente circolava.
i n .
Esaminati i fatti antecedenti al terremoto, veniamo al terribile
momento della catastrofe. In Forio d’Ischia, nelle ore pomeridiane
del 28 luglio, comparvero alcuni guasti nel pavimento
d’una chiesa. Poscia poco prima del grande terremoto un cupo
rombo sotterraneo con uno sbuffo di vapore, visto nelle fumarole
dello stabilimento Manzi, posero un nuovo sospetto nell’animo
di coloro che se ne avvidero, taluno dei quali, che ine lo
ha riferito, si pose in salvo; altri che parimenti me lo hanno
narrato esitarono, e mentre discutevano sulla opportunità di porsi
in salvo rimasero oppressi dalla rovina fatale. La scossa alle
ore fi,25 pomeridiane fu eminentemente sussultoria nella parte
alta di Casamieciola e nel vallone che congiunge questo punto
con il villaggio di Lacco Ameno. Dall’alta Casamieciola e dalle
fumarole di Montecito la scossa si diffuse divenendo gradatamente
più ondulatoria che sussultoria seguendo due correnti lineari
addossate al versante esteriore dell’Epomeo, risultandone la zona
di maggior commozione in forma quasi di ferro di cavallo. Una
altra linea di propagazione risulta chiaramente dai dati raccolti.
Questa partendo dal medesimo centro di Montecito percorse
l’asse interno dell’anfiteatro formato dalle cime del monte Epomeo,
lo che equivale a dire che percorse l’asse maggiore intorno
del cratere Epomeo. Così è chiaro che la scossa si diffuse da
Montecito in quattro correnti : l’una violentissima e compresa
nella parte sussultoria del fenomeno dirigendosi a nord sopra
Lacco Ameno; l’altra più debole dirigendosi al sud e traversando
l’Epomeo, le altre due dirigentisi all’est od all’ovest si tennero,
come si è detto, sulle falde dell’Epomeo stesso, di modo che le
loro direzioni, curvandosi sulla linea delle falde medesime, divennero
di nord-sud, poscia sud-ovest, nord-est terminando nuovamente
fra est-ovest. Al di fuori dell’isola d’Ischia la diffusione
delle onde sismiche fu relativamente assai debole. Ciò non ostante
il terremoto fu sentito a Napoli ed anche sulla funicolare del
Vesuvio. Fu pure avvertito abbastanza sensibilmente a Fermo,
nelle Marche, e gli istrumenti degli osservatori geodinamici
l’indicarono a Velletri, a Ceccano, a Roma ed a Firenze. Veggansi
nel catalogo dei fenomeni le altre coincidenze importanti
massime la scossa delle colline Veronesi avvenuta alla ora stessa
che in Ischia. Non è questo il luogo nel quale delibatisi descrivere
le rovine avvenute, uè potrei estendermi nei particolari descrittivi
delle forme che presentano le rovine medesime. Tutto
ciò è in parte già descritto nelle citate relazioni, (1) ed in parte
verrà meglio precisato nel catalogo che segue di tutti i fatti
verificati in questo fenomeno. Perciò qui posso limitarmi a spiegare
il perchè a mio giudizio questo terremoto si diffuse nella
(1) Gazzetta Ufficiale del Ilegno d’Italia, 13 agosto, 4 e 5 settembre
1383 e qui appresso.
forma descritta. Chi ha letto la mia opera di Meteorologia endogena
(1), conosce i miei studi sulla propagazione delle onde
sismiche nell’apparato delle fratture del suolo. Ivi ho anche dimostrato
come queste fratture rendano necessario in ciascun luogo
il ripetersi dei terremoti forti sempre nella medesima maniera.
V i ho parimenti svelata la legge fondamentale meccanica degli
urti sismici, secondo la quale la causa del terremoto risiedente
principalmente in aquei vapori dopo una prima esplosione che
produce l’urto sussultorio nel centro dell’azione, deve diffondersi
lungo le cavità sotterranee che gli presentano le fratture del
suolo. Queste vengono forzate dal passaggio delle correnti vaporose
e sono costrette più o meno a sollevarsi ondulando secondo
l’asse loro medesimo, che è anche l’asse perciò della corrente
sismica. Cessato tale passaggio i labri della frattura tornando
all’equilibrio si riavvieinoramio con una ondulazione necessariamente
normale alla prima. Quindi ogni vasto terremoto dovrà
produrre alla superficie del suolo tre forme successive di urti,
la prima cioè sussultoria, la seconda ondulatoria nella direzione
dell’asse della frattura geologica locale, la terza parimenti ondulatoria
normale però all’antecedente.
Nella regione di Casamicciola tutti Ì geologi che se ne sono
ora occupati hanno riconosciuto ciò che io vidi fin dal 1881,
cioè l’esistenza positiva di un incrociainento di fratture. La prima,
che è anche la generatrice del Vulcano, percorre una linea dal
nord al sud, cioè da Lacco Ameno a Montecito, e da questo per
l’asse centrale delPEpomeo fino al mare del sud fra Testaccio
e Serrara. L’altra frattura riconoscono andare approssimativamente
dall’est all’ovest additata principalmente dalle fumarole
e dalla linea delle sorgenti termommerali. Ma secondo il mio
esame, come ho gi à detto, sta pure nella ragione delle fratture
la linea curva ed a ferro di cavallo che ha preso la corrente
sismica dopo d’essersi diretta, nel momento di ripartita, all’ovest
ed all’est. Nella detta linea a ferro di cavallo io riconosco la
discontinuità equivalente a frattura, prodotta dalla separazione
fra i labbri del cratere primitivo del vulcano d’Ischia ed il cra-
(1) Volumi 2. — Milano, fratelli Dumolard, 1879-1882.
tere del suo secondo periodo che è l’Epomeo. In una parola la
massa dell’Epomeo sarebbe un grande turacciolo che ottura la
bocca maggiore dell’antico vulcano, come il Vesuvio lo è verso
il Somma (1). Per conseguenza l’esplosione e la tensione dei
vapori endogeni deve avviarsi a trovare i meati di sfogo fra le
pareti del detto cratere e della massa ostruente che è l’Epomeo.
In ragione diretta della distanza dalla sudetta linea ellittica di
maggiore rovina si distribuiscono gradatamente le zone parallele
di minoro sfacelo. Vero è che la qualità delle rocce formanti il
suolo ha contribuito a rendere maggiori o minori i danni, cosicché
le regioni composte di sabbie ed argille poco resistenti
hanno sofferto moltissimo, mentre i tratti sui quali si distendono
le correnti di trachite petrosa hanno resistito potentissimamente
agli urti del terremoto. Ciò nonostante però le eccezioni
a questa corrispondenza fra l’attitudine delle rocce e i
danni avvenuti, dimostrano esservi stata l’influenza di un altro
fattore principalissimo che è appunto, secondo me, l’apparato
delle fratture al quale tutto corrisponde esattamente.
Vedremo fra poco l’applicazione pratica di questi dati scientifici
sul modo di diffusione delle onde sismiche. Prima però di
venire a questo punto, è necessario far conoscere come la stessa
forma del terremoto dimostri evidentemente la piopria indole ed
origine esclusivamente dinamica per l’attività risvegliatasi nel
vulcano. E qui non sarà senza importanza il notare che in seguito
alla scossa (quantunque ciò da taluno sia stato negato)
nel giorno 29 di luglio vidersi comparire molte nuove fumarole
qua e là, specialmente lungo le linee già descritte. Oltre a ciò
il più forte fra i terremoti che avvennero dopo il disastro, quello
(1) Più d’uno ha creduto non dovere esistere nell’Epomeo la distinzione
ila me supposta dei due crateri concentrici. Vero e che io non
pubblicai lìnora tutti i dati geologie! locali che mi hanno indotto a
questo giudizio né posso in questo luogo entrare in cotesta dìsgressìono.
Ciò non ostante in appresso avrò occasione di chiarire il mio
asserto.
cioè delle 2,15 pomeridiane del 3 agosto, fu accompagnato da
tale emissione di vapore nelle fumarole di Montecito, che l’ufficiale
comandante un drappello di soldati intenti al lavoro di
salvataggio in un fabbricato assai prossimo a quel monte, credette
principiata una vera eruzione ed ordinò ai soldati di allontanarsi
a passo di corsa. Fatta poi la rassegna di tutti i terremoti
avvenuti dopo quello del 28 luglio fino al 30 settembre
ne comparisce una serie di almeno sessanta bene accertati, i
quali poi si riuniscono in gruppi che dimostrano una certa periodicità.
Inoltre nell’indicato bimestre non sono mancati altri
fenomeni di oscillazione nelle temperature delle acque tonnominerali
e di intorbidamenti e nuove deficienze delle ncque potabili.
Visto adunque il principale terremoto, preceduto evidentemente
da una solenne preparazione di attività endogena, riconosciuto
l’urto sismico diffuso in stretta relazione con l’apparato vulcanico
locale, certificata infine l’indole vulcanica del seguito dei
fenomeni, è giuocoforza concludere che il fenomeno principale
fu tutto dovuto all’azione vulcanica risvegliatasi nelI’Epomeo. E
se poniamo a .confronto di tutto ciò l’assoluta mancanza di abbassamenti
di suolo in tutta intera la vasta superficie scossa,
che non conta meno di otto chilometri quadrati, rimano del tutto
esclusa ogni idea di franamenti sotterranei nelle cave di argilla.
‘Meste poi, e per l’area che occupano, e per le proporzioni dei
vuoti, formano un elemento decisamente insignificante in proporzione
della vastità dell’area scossa e dei danni che vi sono
avvenuti. Da ultimo l’esame delle lesioni ed il modo delle rovine
accusa dappertutto la forma esplosiva che caratterizzò principalmente
il fenomeno.
Un altro confronto ci è indispensabile di indicare. Questo è
il paragonare l’odierno fenomeno cogli antecedenti avvenuti nel
nostro e nel passato secolo in quel luogo medesimo. Anche di
(piesto fatto avrei voluto dare ampio resoconto, ma l’aver trattato
già assai bene questo punto il Mercalli, e la necessità di
non troppo dilungarmi mi consiglia a non dedicarvi altre parole.
Qui basta accennare che la identificazione dei fatti riesce della
piò chiara evidenza; di modo che tutti i fenomeni che noi conosciamo
per queila regione, possono ben dirsi altrettanti conati
eruttivi del vulcano d’Ischia, il quale ha eletto a sede de’ suoi
sforzi odierni l’incrociamento delle fratture presso Montecito, e
mantiene nelle fumarole di quel luogo il proprio sfogo regolare,
quando non gli è necessaria una espansione maggiore. Quindi se
la forza dell’attività vulcanica di quel luogo dovesse un giorno
eccessivamente aumentare, sarebbe in quel punto che le fumarole
di Montecito si trasformerebbero in piccolo cratere, dal
quale potrebbe anche sgorgare una. lava che scenderebbe al mare
per il vallone di Lacco Ameno. Questo prognostico può riferirsi
ad un tempo o vicino o lontanissimo, ma in ogni modo potrebbe
non essere il prognostico di una nuova catastrofe. Sarebbe certo
il principio di una nuova era di calma, come lo è stato dalla
parte d’Ischia l’eruzione del 1302 nella lava dell’Arso.
Lasciando da parte le varie questioni scientifiche che ci presenta
il suolo d’Ischia, discendo alla parte pratica dei provvedimenti,
massime edilizi, che risultano dalle cose finora esposte.
Come si è visto, l’apparato di circolazione della causa del terremoto
essendo costante’ in ciascun luogo rende anche sempre
costante la direzione delle forti onde sismiche. Da ciò consegue
che i danni ai fabbricati dovranno provenire dagli urti ondulatori
sempre da due direzioni costanti e normali fra loro, come
appunto sono le onde del terremoto. Gli studi da me fatti non
solo sui terremoti di qualche importanza, che ho potuto analizzare
direttamente, ma eziandio sui danni cagionati, dai terremoti
storici e perfino nei monumenti delle antichità, mi hanno dimostrato
coli’esperie n za ciò che teoreticamente è effetto della detta
dipendenza degli urti sismici dalla orientazione immutabile delle
fratture geologiche. Avviene cioè agli edifici quello stesso che
avviene alle navi che lottano colle onde marine. Se la nave è
battuta di fianco da un’onda parallelamente alla sua lunghezza,
ne è rovesciata; se al contrario la prua si mantiene normale
alla direzione delle onde, le frange, e le sormonta rimanendo
incolume. Lo stesso avviene agli edifici che lottano contro le
onde del suolo agitato dal terremoto. So l’edificio presenta i muri
paralleli all’asse della frattura geologica, li avrà pure paralleli
ad ambedue le onde sismiche normali. Quindi in caso di terremoto
riceverà in pieno i due urti contrari e successivi rimanendone
necessariamente danneggiato in proporzione della intensità
del colpo. Per contrario se l’edificio presenta le sue diagonali
parallelo e normali all’asse della frattura geologica, ne seguirà
che le onde sismiche urteranno contro gli angoli del fabbricato;
e questo, come la prua della nave, resisterà più o meno validamente
secondo l’intensità del terremoto. Ognuno vede che questa
legge meccanica si traduce naturalmente in un precetto architettonico
utilissimo per i luoghi soggetti al terremoto e la
cui efficacia è facile verificare, come si è detto, nei monumenti
e nelle istorie dei terremoti. Nella mia opera intitolata Meteorologìa
endogena (1) ho riferito corno appena io ebbi pubblicata
la scoperta della funzione meccanica delle fratture geologiche
nei terremoti, il bravo professore A. Serpieri delle scuole Pie
in Urbino ne vide immediatamente l’utile applicazione architettonica.
Oltre a ciò ho pure riferito come dopo il grande terremoto
di Lisbona nel 1755 vi fu lo Squario che senza concepire
la legge meccanica precisa delle fratture ne travide poro l’effetto
sugli edifici. Questi nella sua opera intitolata Specimen phisicogcomctricHin
de tcrracmotu adarc/titcctarac ntilitatcm coneinnatuin
esprime così il suo precetto fondamentale: Aedificia tali norma
condantttr ut alì’ptis corani angitìus ad locum vulcani aut propinqui
urenti scmper obvcrlatur. È palese come ciò equivalga
alla forinola più scientifica da me data, che domanda una diagonale
del fabbricato sia collocata normalmente all’asse della
frattura geologica. Cotesta frattura rappresenta il Incus vulcani
o meglio il propìnquus avcmus.
Un’ altra considerazione discende dal ricouoscere la provenienza
degli urti sismici dalle rotture del suolo. Allorché i labbri di
queste fratture trovansi elevati e per conseguenza un grande
tratto di massa terrestre prossima ai detti labbri forma un piano
inclinato, ossia una collina, l’onda sismica dovrà essere assai maggiore
e gagliarda nell’alto, ed il terreno inclinato assai propizio
a spostare l’equilibrio degli edifici. Per contrario nella pianura
o al piede dei colli il movimento sarà minore e l’equilibrio più
stabile.
Una terza considerazione è da farsi sulle qualità delle rocco
che compongono il suolo, e sulle quali sono basati gli edifici.
Visto che nei terremoti la terra ondeggia svelando una plasticità
che non comparisce altrimenti, è chiaro che le rocce tufacee, sabbiose,
argillose ed in generale incoerenti si presteranno sommamente
a piegarsi assai similmente alle acque sotto l’impulso
dell’onda sismica. Per contrario le roceie dure e pietrose, massime
se formanti una massa potente, ossia di molto spessore, dovranno
presentare la minima attitudine ai ripiegamenti e si muoveranno
in grandi masse sulle quali gli edifìci riposeranno più
o meno tranquilli senza provare dislocazioni nella base.
Esaminate al lume di questi criteri le rovine di C’asamicciola,
le quali furono cagionate da un terremoto di violenza straordinarissima,
e che perciò potè produrre i suoi danni anche nei
luoghi causalmente più favoriti dallo accennate combinazioni statiche,
ne risulta la prova evidente della influenza da essa esercitata.
Noli’ alta C’asamicciola fabbricata tutta sui labbri delle
fratturo e sopra rocce friabili si aggiunse la forma eminentemente
sussultoria che a guisa di esplosione tatto scompaginò.
Ciò nonostante ivi stesso i pochi residui delle fabbriche, tuttora
in piedi, sono gli spettanti a case che presentavano un angolo
alla linea assiale della frattura. Allontanandosi da quel centro
la forma ondulatoria del fenomeno avendo prevalso, l’influenza
dell’orientazione si fa vieppiù manifesta. Ivi generalmente le
case che opposero gli angoli alle onde sismiche caddero nel primo
momento solo per metà. Vedesi l’angolo che sostenne l’urto
maggiore screpolato e schiantato, ma rimasto in piedi ; mentre
l’altra metà dell’edificio che trovavasi isolata, crollò più o meno
completamente. Gli edifici poi che si trovarono situati parallelamente
alla direzione delle onde sismiche scomparvero del tutto.
Ma tanto le fabbriche orientate ad angolo, quanto le orientate
parallelamente all’asse di movimento, soffrirono più o meno in
ragione diretta della loro posizione noli’ alto, ovvero nel basso
della collina. Così pure si vede aver maggiormente patito gli
edifìci assai alti e relativamente meno gli editici di un solo piano.
Nel terremoto del 1881, che fu incomparabilmente più mite
dell’odierno, la immunit à proveniente dalla orientazione nei fabbricati
spiccò in modo sorprendente, e ne feci allora stesso soggetto
di diligente analisi in una lettura che diedi alla Società
geografica italiana. (1) Ma tornando all’esame dello stato nel
quale rimasero oggidì gli edifici di Casamicciola, a me sembra
vedere che parecchi degli edifici, nei quali anche avvennero guasti
gravissimi, hanno dimostrato tale resistenza da poter essere
tuttora conservati riducendoli a forme e proporzioni capaci di
resistere ad urti forse anche più violenti del subito ai 28 di luglio.
Ciò che a mio credere dovrebbe essere del tutto abolito,
come già dissi fin dal 1881, è il folto abitato della popolazione
indigena nella parte alta di collina. (2) Il folto abitato dovrebbe
essere stabilito all’est della regione dei bagni nella pianura che
è abbastanza alta sopra il livello del mare ed il cui fondo t rachitico
permetto di fabbricare sul solido. In questa pianura, detta
Terrone, le poche case che vi esistono, rimasero (piasi del tutto
incolumi. In questo luogo favorito dal livello e dalle rocce, se
si aggiunga la precauzione della orientazione, io non dubito che
si potrebbe sicuramente costruire anche in muratura. Generalmente
si crede che in Casamicciola si debba abbandonare il costruire
in muratura, e vi si debba sostituire unicamente il sistema
delle ossature in legno ed in ferro, ossia la costruzione
così detta baraccata. Certamente è questo il sistema preferibile
in un luogo soggetto ai terremoti ; ma poiché la esigenza della
economia e la dimenticanza del pericolo, malgrado i buoni regolamenti
edilizi, potranno presto mandare in disuso le precauzioni
troppo difficili a mantenersi, io credo che, senza impedire
le costruzioni in muratura, basterebbe il sorvegliare a ciò le
(1) Vedi Dullett. della Società geografica italiana, aprile 1881.
(2) Conservo il testo quale lo scrissi per la sua prima pubblicazione.
I provvedimenti da me suggeriti, che sono poi incirca i medesimi consigliati
dalla Commissione Edilizia Governativa inviata sul luogo, furono
nella parte almeno essenziale tradotti in atto nel Regolamento
edilizio stabilito dal B. Governo.
case non avessero altezza maggiore di un piano oltre il pianterreno,
che si componessero di mura assai larghe alla base, che
vi si adoperasse materiale squadrato e grosso, che vi fossero
proibite le vòlte e che i solari fossero tutti muniti di staffe di
ferro, e sopratutto si conservasse l’orientazione in guisa che gli
angoli ricevessero in qualunque caso tutto l’urto delle onde sismiche.
Se poi mi fosse richiesto cosa dovrebbe farsi nella regione
montuosa, e se potessero in qualche modo esser conservati
e riattati i villini che vi esistono, risponderei che appuntò
ai villini vorrei veder destinata tutta la parte montuosa. Egli è
chiaro che nei villini il fabbricato occupa la minima parte delle
aree. I fabbricati dei villini potendo essere di maggior costo,
potrebbero esser tutti costruiti col sistema baraccato ed orientati
convenevolmente. Quegli edifici poi che già esistono nei villini
di quella regione sono appunto quelli che resistettero alquanto
meglio, sìa per effetto della loro orientazione, sia per effetto
dell’esser stati meglio costruiti. Perciò sarà facile il renderli
vieppiù sicuri e solidi col togliere loro i piani elevati, col munirli
di speroni agli angoli, e col rivestirli quasi di una gabbia
esterna di catene di ferro.
Il villaggio di Lacco Ameno poi, potendo essere in un avvenire
anche lontano forse minacciato dalla lava, ed essendo collocato
sull’asse stesso della principale frattura vulcanica, dovrebbe
essere ad ogni costo trasportato altrove. Ma qui sembra che la
natura abbia preparato il terreno da sostituire con grande vantaggio
alla zona, che ha distrutto col terremoto. A ponente dell’odierno
Lacco Ameno sorge la collina di pietra trachitica, in
posizione ridentìssima ed a contatto del territorio coltivato. Ivi
nulla impedisce, anzi tutto favorisce il trasporto dell’ameno villaggio
sopra un punto nel quale viemmeglio potrà conservare
il nome lusinghiero di Lacco Ameno.
Un’ altra precauzione che renderebbe in pari tempo un ottimo
servigio alla scienza sarebbe l’impianto di qualche stazione
od osservatorio geodinamico ; ed oltre a ciò, l’istituire regolari
osservazioni sulle temperature e sui volumi delle acque termominerali,
delle fumarole, delle mofete, e di ogni altra specie di
fenomeni vulcanici. Intorno a questo punto sono ben lieto di
vedere che per iniziativa, di monsignor vescovo d’Ischia e del suo
solerte segretario canonico Dimartino, già sorge un buon principio
di osservatorio nell’episcopio della città d’Ischia. Per iniziativa
poi del regio delegato avvocato Margotta in Casainicciola
furono già intraprese le’ osservazioni termiche quotidiane in taluna
delle sorgenti. Altrettanto si è cominciato a fare nella regione
meridionale di Serrara e di Fontana. A questi sforzi privati
è da augurare che porti il complemento l’autorità governativa
coli’impianto in Casaniicciola di un perfetto osservatorio
geodinamico.’
10 Ottobre 1883.
MICHELE STEFANO DE ROSSI.
Forma ed effetti della scossa del terremoto
(Terza relazione dell’Osservatorio ed Archivio
centrale geodinamico presso il R.
Comitato geologico, a S. E. il Ministro di
Agricoltura, Industria e Commercio – Prof.
Michele Stefano de Rossi)
L’apprezziazione della forma della scossa fu varia nelle
diverse località, perciò, in difetto di carta topografica, debbo
prima di tutto richiamare alla memoria la posizione relativa
dei vari centri abitati e danneggiati.
Considerato l’Epomeo (cratere centrale del vulcano d’Ischia)
come un gruppo di monti formanti un circolo tendente all’ellissi,
il cui asse maggiore percorre una linea dal nord al sud,
trovasi l’alta Casamicciola ed il Montecito con le sue fumarole
sul versante esterno di quel monte, ed approssimativamente
sulla detta linea assiale al nord. Da questo punto una vasta
depressione di suolo si prolunga sul medesimo asse, inoltrandosi
nel mare di nord, in riva al quale giace Lacco Ameno. Nel
prolungamento verso sud della linea assiale, ma nel versante
interno dell’Epomeo, trovasi Fontana, poscia prossimi alla
medesima linea alquanto all’est Moropano, Barano, Testacelo,
segnando quest’ultimo l’estremo limite meridionale dell’isola.
Ritorniamo con lo sguardo al versante esterno dell’Epomeo,
e facciamo centro nell’alta Casamicciola per girare all’est ed
all’ovest sul cerchio e falda di quel monte: troveremo all’est il
vallone l’unno Santa Maria o valle di Ombrasco, lungo la quale
si svolge la maggior parte dell’abitato di Casamicciola con tutte
le sue terme; poscia il Rotaro ed il villaggio di Fiatano, che
è situato già sulla curva del fianco orientale dell’Epomeo. la
cui linea, piegandosi sempre più, ci riconduce a Barano ed alla
estremità sud dell’asse centrale prima indicato.
La città d’Ischia è lontana dall’Epomeo ed anche dalla sua
base; essa è situata sopra il prolungamento orientale dell’isola.
Volgendosi all’ovest dall’alta Casamicciola s’incontra un
quasi altipiano detto la regione del fango, e poscia il lembo più
a monte del fabbricato di Iorio d’Ischia, cioè le* zone di Terone,
Vaiola, Monterò ne, che occupano la parte esattamente
all’ovest del fianco dell’Epomeo.
Dopo ciò il giro del monte guarda il sud-ovest, e quivi riposano
i paeselli di Ciglio e Pansa. Il versante gira dipoi sempre più.
evi presenta Serrara, che vede il mare del sud, e sta su quella
estrema falda dell’Epomeo che si ricongiunge alla linea centrale
dell’asse nord-sud. in vicinanza di Barano e di Testaccio.
Nella regione dell’alta Casamicciola, e nel vallone fino a
Lacco, il terremoto apparve sotto forma di esplosione e di
crudo suono metallico, cui tenne dietro una serie di quattro o
cinque sussulti, tanti avendone approssimativamente estimati
coloro che sedendo a mensa videro saltellare gli oggetti sulla
tavola. Durante questi sussulti ognuno procurò guadagnare la
porta, o si recò presso i letti nei quali giacevano bambini, o
si strinsero fra loro in gruppi le persone riunite nello stesso
ambiente.
Fu un tempo brevissimo, ma che permise molti movimenti,
e perciò durò parecchi secondi. Ai sussulti succedettero ondulazioni
che parvero in tutti i versi, sotto l’impeto delle quali
ognuno vide precipitare sopra se stesso la propria casa, avendo
però visto i compagni di sventura in quale posizione ed in
quale direzione potevano esser rimasti salvi od oppressi dalle
rovine.
Infatti, esaminando i ruderi dell’alta Casamicciola e del
vallone verso Lacco, e di Lacco stesso, vi si vede predominare
l’opera di-struggitrice del sussulto. Le case sono crollate
risolvendosi nei loro materiali. Alcuni grandi parallelepipedi
di muro rimasti compatti caddero senza rovesciarsi dopo aver
saltellato sul proprio asse verticale. Veggonsi le lesioni orizzontali
e gli spostamenti di massi di muro, che non usciti dal
centro di gravità non precipitarono.
Basta poco allontanarsi da questo punto centrale per sentire
dalle relazioni dei superstiti che la parte ondulatoria del
fenomeno venne meglio apprezzata. Taluno mi spiegò di aver
benissimo distinto due serie successive di ondulazioni le une
normali alle altre: le prime cioè fra nord e sud, le seconde fra
est ed ovest. Infatti le lesioni visibili divengono quivi gradatamente
meno orizzontali poscia costantemente inclinate e
cagionate da colpi di nord-sud ed est-ovest. Di moltissimi edifici
vedesi crollata solo la metà del perimetro esterno essendo
rimasta l’altra screpolata soltanto. Quivi si possono studiare i
sistemi delle lesioni che tornano uguali pressoché dappertutto.
Le fenditure partono come raggi da un centro che si trova
sull’angolo del fabbricato il più delle volte presso terra, spesso
anche ad una certa altezza
dal piano stradale. Si direbbe che quel punto ricevette l’urto
di una mazza gigantesca. In questi casi l’angolo opposto dell’edificio
rovinò e trasse seco la metà caduta del fabbricato. Nei
casamenti alquanto lunghi che si trovano in queste condizioni,
come p.e. la Piccola Sentinella, dopo l’angolo che presenta le
19 – La Rassegna d’Ischia – 1/1984
lesioni raggiate succede il fabbricato relativamente non molto
danneggiato. Isso conserva tutti i solari ed i pavimenti fino
all’estremo opposto, che. come si è detto, trovasi rovinato, e
pare slanciato in aria. Quasi a mostrare che la Piccola Sentinella
non sostenne un grande urto nel corpo del fabbricato,
rimasero i mobili al loro posto e perfino i cristalli nella sala
da pranzo contigua al salone che fu tomba di tutti gli alloggiati
in quell’albergo. Nella Piccola Sentinella adunque vedesi
riprodotto dalle onde sismiche sull’edificio l’esperimento che
fanno i fisici per dimostrare la pacifica trasmissione degli urti
nei corpi elastici, quando fatta una linea di palle di avorio in
contatto fra loro e dato un colpo alla prima veggonsi tutte restare
immobili e partire solo l’ultima. La sala di società della
Piccola Sentinella fu la palla che partì il corpo del fabbricato
rimase relativamente immoto.
Dunque è evidente che l’onda sismica ondulatoria agì quasi
colpo di mazza, ed infranse i muri, e rimase infranta essa stessa
sugli angoli di molti fabbricati come Tonda del mare sulla
prua della nave. Nella generalità dei casi proprio ciò avvenne
agli edifici che presentavano gli angoli lungo le loro diagonali
normalmente all’asse del vallone di Ombrasco e l’unno Santa
Maria. Gli edifici poi situati parallelamente al detto asse della
valle scomparvero piùo meno ridotti in un cumulo di macerie.
Le eccezioni, che sono poche, mostrali sempre o nella buona e
nella cattiva condizione la ragione dell’essere loro. Questi sono
i fatti osservati in Casamicciola alta e lungo il vallone d’Ombrasco
fino alla regione dei bagni termominerali.
A Casamicciola sul mare i danni sono minori, poche case
sono crollate del tutto; ma le lesioni seguono le medesime leggi
suddette. Anche i muri di cinta dei poderi lungo le vie sono sistematicamente
disfatti o conservati ad intervalli, secondo che
stanno paralleli od in angolo verso la linea della falda esterna
dell’Epomeo. Girando nel piano a mare sulla via che mena est
ed allontanandosi dalla falda dell’Lpomeo incontrasi la zona
detta Perrone dove le poche fabbriche che vi sono può dirsi
non aver patito lesioni in confronto del resto di Casamicciola.
dalla quale dista appena mezzo chilometro.
Per questa via avvicinandosi al monte Rotaro che è addossato
alla falda esterna dell’Epomeo veggonsi di nuovo le tracce
del grande terremoto con sfaldature delle terre sdrucciolate
sul ripido versante del Rotaro.
Da questo punto dirigendosi verso il bagno d’Ischia, città
di questo nome, sparisce di nuovo ogni traccia del terremoto.
Al contrario tenendosi sulle falde dell’Epomeo e volgendo
a Fiaiano. i danni continuano a mostrarsi assai forti quantunque
minori di Casamicciola. Quivi interrogati i testimoni del
fatto, in mille guise dovetti convincermi che il terremoto loro
apparve prima con un fracasso e stridore acuto simile a sibilo
proveniente da lontano e precisamente dal nord. Dopo ciò essi
avvertirono qualche sussulto, ma più di tutto gli oppresse una
scossa ondulatoria da nord a sud. che poi si trasformò in urti
fra est ed ovest. Ivi infatti le case generalmente parallele a queste
due direzioni caddero, o patirono per evidentissime spinte
da nord e talune da est. Citerò una vòlta che si è rovesciata
come un coperchio girando sul lato nord dei suoi sostegni.
Continuando sempre sulla falda del monte verso Barano e
Testaccio i danni della scossa sono gradatamente minori, finche
in Barano appena parrebbe che vi fosse giunta l’onda del
terremoto.
Prendendo ora in esame la parte descrittiva del fenomeno
e lo stato delle rovine nella parte occidentale dell’isola, e partendo
come prima abbiamo fatto dall’alta Casamicciola per la
regione opposta al fango e poi di Iorio d’Ischia, noi troviamo
da principio la medesima forma e le medesime tracce di scossa
eminentemente sussultoria. La chiesa parrocchiale della Maddalena
che nel 1881 io stesso presi ad esempio di resistenza
agli urti ondulatori, questa volta rimase compresa nell’area dei
maggiori sussulti, di modo che non ne rimase pietra sopra pietra.
In quell’edificio oggi non si potrebbe neanche riconoscere
la forma di chiesa. Incredibile ma vero!
A Forio d’Ischia come a Baiano però assai più fortemente
udissi lo stridore acuto precedere la scossa; parecchi affermano
con asseveranza aver visto un lampo prima di sentirsi
barcollare; tutti convengono di avere avvertito meglio le spinte
ondulatorie che le sussultorie provenendo quelle con fracasso
dall’est ossia dalla montagna.
Molto tempo relativamente passò fra l’avvertire il suono
sismico ed il principiare dei danni. In una casa nelle regioni
delle rovine, mi fu mostrato come sedendo a mensa al primo
piano, udito il rumore ed i primi urti, fuggirono tutti scendendo
le scale, e solo nel cortile ebbero sopra di loro la prima pioggia
dei rottami, cosicché salvaronsi uscendo al largo.
Forio, sul mare, sembra intatto, avendo patito solo lesioni
più o meno gravi, ma non distruzione. Solo un campanile precipitò
per l’altezza che gli fece concepire ondulazioni eccessive.
Quanto più si sale dal mare al monte, tanto più appaiono danni
maggiori, finche giungendo sulla falda dell’Epomeo alle regioni
già indicate di Monterone e Tirano si trova la distruzione
ognor più completa. Le faldature del monte ed i rotolamenti
di blocchi di trachite dalle creste, le une e gli altri favoriti dal
ripidissimo pendio, hanno recato tale distruzione nei vigneti,
nelle strade e nei moltissimi casini, che perfino talvolta non si
riconoscono i limiti dei fondi, né gli andamenti che avevano le
strade prima del disastro.
Tutto visto e considerato è evidente che partendo dall’alta
Casamicciola, e girando sulla falda dell’Epomeo per il fango
e l’alto Forio la zona delle massime rovine descrive una linea
che presso lo rio discende avvicinandosi alla marina presso la
Chiesa della Madonna delle Grazie e la strada fra Lacco e Forio,
quindi risale sul monte, del quale segue il fianco orientale
finché gira a sud-ovest, e tocca il paese denominato Ciglio.
Ciglio riposa sul versante dell’Epomeo sud-ovest come si è
detto; Pausa, sulla medesima zona del sud-ovest, è in basso più
verso il mare. Ciglio è quasi distrutta. Pausa danneggiatissima,
ma assai meno. È chiaro che la violenza maggiore delle scosse
in questa regione fu sopportata da Ciglio e le lesioni ben dimostrano
che gli urti erano quivi divenuti di nord-ovest, sud-est,
e di nord-est, sud-ovest. Proseguendo fino a Serrara vediamo
ciò che già si è detto per l’altro lato, diminuire cioè la gravità
dei danni. A Serrara però essi sono tuttora assai gravi come
infatti deve essere trovandosi questo luogo sempre più vicino
al centro del fenomeno di quello che Barano e Testacelo, che
le stanno di contro verso il sud dell’isola. Le onde sismiche che
danneggiarono Serrara, apparisce bene dalle lesioni, che provennero
dall’ovest.
Dei paesi situati nel versante interno dell’Epomeo, cioè
Fontana e Moropano. la sola lontana porta le tracce del terremoto
violento, lontana patì più di Serrara, ma molto meno di
Casamicciola. Ivi tutti bene avvertirono la provenienza delle
spinte dal nord, e tali infatti le mostrano le fenditure e le rovine
avvenute.
Ponendo sulla carta topografica e geologica dell’isola segni
convenzionali esprimenti la intensità e le direzioni delle onde
sismiche in ciascun luogo risulta un perfetto accordo fra le linee
di propagazione date dalle direzioni delle correnti e la forza
decrescente degli impulsi su quelle stesse linee. Quindi è giuocoforza
concludere che la scossa fu eminentemente sussultoria
nell’alta Casamicciola e presso Monte Cito e di là partendo
segui quattro linee: l’ima verso il nord su Lacco Ameno che
rimase quasi compreso nell’area centrale, l’altra relativamente
debole verso il sud su Fontana, le altre due violentissime girarono
pei fianchi dell’Epomeo all’est ed all’ovest seguendone
esattamente la curva e dileguandosi verso l’estremità sud della
base di quella montagna.
Roma, 24 agosto 1883 ( Gazzetta Ufficiale – pagg. 3869-
3870-387 1)
FINE
Le precedenti puntate sono state pubblicate sui numeri 2,3 e
4 del 1983 Ricerche e coordinamento di
Giovanni e Raffaele Castagna