La combustione è una reazione chimica che comporta l’ossidazione di un combustibile da
parte di un comburente, in genere ossigeno presente nell’aria, con sviluppo di calore e
radiazioni elettromagnetiche.
La combustione può essere classificata in tre categorie:
1. Combustione omogenea, la combustione di sostanze gassose (caratterizzata dal
sistema gas + gas);
2. Combustione eterogenea, la combustione di sostanze solide e liquide (sistemi: solido
+gas o liquido + gas);
3. Combustione dei sistemi condensati (esplosivi).
Nel caso di materie plastiche la combustione è di tipo eterogenea. Nei seguenti
paragrafi si descrivono le materie plastiche maggiormente diffuse e le caratteristiche
di una combustione di tali materie.
Le materie plastiche
In Tabella 5.1 sono riportate le materie plastiche maggiormente diffuse.
Tabella 5.1 Materie Plastiche
Il polietilene (PE) dotato di buona resistenza meccanica e rigidità, resistenza agli
acidi, alcali, soluzioni saline e vari solventi organici (es. oli e
benzine), scarsa trasparenza (opaco), è il polimero più diffuso si
usa per la fabbricazione dei sacchetti di plastica, bottiglie,
taniche e tappi, flaconi per alimenti, detergenti e agenti chimici,
cassette, film di vari spessori per uso agricolo, industriale, edile.
il suo potere calorico è di 46 MJ/Kg
Il cloruro di polivinile
(PVC)
ha una buona resistenza meccanica e chimica ed un’elevata
impermeabilità al vapore acqueo, sono numerosi i settori di
applicazione di questo polimero si usa per la fabbricazione delle
bottiglie per le acque minerali non gassate, pellicole per film,
flaconi di detersivo, shampoo, sacchetti, alveoli per uova e
cioccolatini, corde, tubi, telai di finestre, tapparelle, guaine per
cavi elettrici, finte pelli, giocattoli, parti di automobili e accessori
biomedicali. Attualmente questo tipo di polimero non è più
ammesso per la produzione di contenitori per alimenti,
conseguentemente esaurite le scorte non sarà più considerato.
Il suo potere calorico è di 20 MJ/Kg
Il polipropilene (PP) possiede buona inerzia chimica e rigidità è resistente alle
trazioni una elevata impermeabilità al vapore acqueo, lo si
utilizza nella fabbricazione di film, confezioni per gelato,
stoviglie, secchi, flaconi per detergenti e cosmetica, cassette,
sacchi industriali, mobili da giardino, fibre (per corde e sacchi),
articoli casalinghi, batterie e paraurti auto. ha un potere calorico
pari a 46 MJ/Kg
Il polistirolo (PS) ha una bassa resistenza agli urti e un buon potere coibentante si
usa per la produzione di bicchieri, coppette coperchi, e nella
fabbricazione di contenitori termici strati isolanti; nella sua
forma espansa viene utilizzato per imballaggio di oggetti, ha un
potere calorico di 41MJ/Kg
Il polietilentereftalato
(PET)
ha una buona resistenza agli urti una buona resistenza termica e
chimica ed un’ottima trasparenza e brillantezza, sono numerosi i
settori di applicazione di questo polimero e viene utilizzato per
produrre bottiglie per bevande gassate, flaconi per detergenti
domestici, vassoi e blister termoformati, film di supporto per
termoaccoppiati, viene utilizzato per la produzione di fibre per
abbigliamento, arredamento, imbottiture, cordami, uso
geotessile; film per effetti decorativi e arti grafiche; lastre
fotografiche e radiografiche; nastri audio e video, il suo potere
calorico è di 33J/Kg
Poliuretano (PUR) largamente diffuso nell’industria automobilistica per paraurti o
parti interne delle auto anche nell’arredamento per produrre la
gommapiuma; ha un potere calorico è di 18/25 MJ/Kg
Poliammidi (PA) il prodotto maggiormente diffuso è il nylon utilizzato come fibra
tessile e per produrre lenze da pesca; il potere calorico è di
19/37g
Combustione delle materie plastiche
Le materie plastiche sottoposte al fuoco possono essere valutate secondo differenti
normative, per metodi di prova utilizzati e secondo la presenza o meno di agenti ritardanti
quali alogenati o fosforo in grado di ritardare la propagazione delle fiamme. Questi additivi
nel processo di combustione provocano la formazione di fumi tossici che possono nuocere
alla salute delle persone. Tali emissioni possono provocare un elevato tasso di opacità che
ostacola la corretta via d fuga. Oltre a questo i fumi, essendo corrosivi, possono andare ad
intaccare le apparecchiature elettriche. I parametri che quindi si valuteranno in un’analisi in
caso di combustione di queste materie sono: la densità dei fumi sprigionati, la loro tossicità e
il limite di ossigeno. Pur essendo un materiale autoestinguente il materiale plastico quando
brucia produce fumi e gas tossici, questo lo rende più dannoso, ad esempio, di un materiale
con inferiore potere autoestinguente che però non produce gas tossici. I
polibromodifenilteri, aggiunti come agenti ritardanti rilasciano diossine e furani molto
pericolosi e altamente tossici. Nella valutazione del rischio sarà dunque importante tenere in
considerazione la presenza o meno di alogenuri che ritardino la fiamma.
Il flusso radiante
Mediante il modello del corpo solido emittente, basato sull’ipotesi che l’energia di un corpo
abbia dimensioni note, è possibile calcolare il flusso radiante:
q(r)=F*e*t
dove:
q è il flusso radiante del punto in esame [kW/mq],
F è il fattore di vista che dipende dalla distanza e dalla geometria della fiamma,
100
t è il coefficiente di trasmissione atmosferica che dipende dall’umidità, dall’aria e
dalla distanza,
E [kW/mq], è l’intensità di radiazione di fiamma che dipende dal tipo di combustibile
e dalle dimensioni dell’incendio.
La potenza emessa che raggiunge l’oggetto ricevente si riduce sia per il fattore di vista
geometrico che per l’assorbimento dell’atmosfera.
5.1.4 Prodotti della combustione
Durante la combustione i gas che possono essere prodotti sono i seguenti:
monossido di carbonio;
anidride carbonica;
acido cianidrico;
fosgene;
acido cloridrico;
idrogeno solforato;
ammoniaca.
La produzione di questi gas è ovviamente dettata dalla tipologia di materiale che sta
bruciando.
Quando un materiale contiene cloro, durante la sua combustione viene rilasciato un gas
tossico chiamato fosgene. Questo gas è particolarmente nocivo negli ambienti chiusi. Se
entra in contatto con umidità od acqua il fosgene si scinde in acido cloridrico ed anidride
carbonica; è intensamente caustico e può raggiungere le vie respiratorie. La sintomatologia
di questo gas è:
irritazione (occhi, naso, e gola);
lacrimazione;
secchezza della bocca;
costrizione toracica;
vomito;
mal di testa.
Oltre a quanto fino ad ora detto è bene sottolineare e soffermarsi sulla gravità dei rilasci di
agenti inquinanti quali diossine e idrocarburi policiclici aromatici. Diossina è il nome
comunemente usato quando si parla di dibenzo-p-diossine e dibenzofurani. Si conoscono, ad
oggi, 210 tipi di composti tra diossine e furani che hanno medesime caratteristiche e livelli di
tossicità. Diossina è utilizzato come sinonimo di TCDD o 2,3,7,8-tetracloro-dibenzo-pdiossina. Queste molecole non sono tossiche solamente per l’uomo, ma anche per gli animali
e l’ambiente. Tra tutte le diossine la TCDD è quella di più spiccata tossicità. Si dilava nel
terreno, legandosi al materiale organico e ci mette moltissimi anni per degradarsi. La TCDD
crea i seguenti effetti:
cancro (gruppo 1 degli agenti cancerogeni dall’agenzia internazionale per la ricerca
sul cancro);
tossicità a carico del sistema immunitario;
Tossicità del fegato;
Irritazione degli occhi;
Irritazione della cute;
Irritazione del tratto respiratorio;
Effetti sul sistema cardiovascolare;
effetti sul tratto gastrointestinale;
Azione mutagena e embriotossica;
perturbatore ormonale.
La caratteristica di bioaccumulo delle diossine creano alcuni disturbi ai tessuti, tabella 5.2.
Disturbi correlati al bioaccumulo
alterazioni del sistema immunitario, anche a dosi molto limitate con riduzione e
danneggiamento dei linfociti
danni allo sviluppo fetale, al momento della differenziazione tissutale del sistema
immunitario
alterazioni a lungo termine del sistema immunitario, sia in senso immunodepressivo che
ipersensibilizzante
disturbi alla produzione, rilascio, trasporto, metabolizzazione, legame, azione o eliminazione
di ormoni naturali del corpo, responsabili dell’equilibrio biochimico dinamico interno del
nostro organismo e della regolazione dei processi riproduttivi e di sviluppo.
Oltre alle diossine vi sono anche oltre 100 composti chimici rilasciati nell’ambiente durante
la combustione chiamati idrocarburi policiclici aromatici (Ipa). I composti che tra questi
provocano maggiori danni sulla salute dell’uomo sono:
l’acenaftene,
l’acenaftilene,
l’antracene,
il benzo(a)antracene,
il dibenzo(a,h)antracene,
il crisene, il pirene,
il benzo(a)pirene,
l’indeno(1,2,3-c,d)pirene,
il fenantrene,
il fluorantene,
il benzo(b)fluoroantene,
il benzo(k)fluoroantene,
il benzo(g,h,i)perilene;
il fluorene.
Sono generalmente presenti in miscele e mai come composti singoli. Per questo motivo è
difficile attribuire ad ognuno di essi cause specifiche. A queste miscele è dunque attribuito
l’aumento di possibilità di contrarre il cancro.
Il pennacchio
Il rilascio di fumi da incendio è modellabile come un pennacchio di fumo. Nel caso delle
materie plastiche le caratteristiche quali colore del fumo e densità di esso dipendono dalla
materia che si sta bruciando. Ad esempio il polietilene, che brucia rapidamente, produce
fumo denso nero e fluligginoso come anche il polipropilene. L’Acetal invece produce una
fiamma incolore con pochissimo fumo, rilascia però l’odore caratteristico della formaldeide.
Il pennacchio è modellabile attraverso la dispersione Gaussiana che è caratterizzata da
durata nel tempo, estensione in lunghezza ed altezza è caratterizzato dalla tipologia di
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sostanza che brucia. Per quanto concerne l’estensione in lunghezza del pennacchio è
doveroso ricordare che essa dipende dalla velocità del vento e dalla stabilità atmosferica.
All’aumentare della distanza dal suolo la velocità del vento aumenta. Anche la localizzazione
dello stabilimento è da tenere in considerazione in quanto se si trovasse in una zona con
scarsa concentrazione di stabili il flusso non incontrerebbe ostacoli, mentre nel caso in cui si
trovasse in zone con abitazioni esse fungerebbero da ostacoli. All’aumentare della velocità
del vento aumenta anche l’effetto di mescolamento tra la massa del pennacchio e la massa
dell’aria circostante. Velocità maggiori quindi portano a una diluizione dei fumi in uscita e ad
una minore concentrazione dei prodotti di combustione, grazie al maggior effetto di
mescolamento. A parità di distanza per velocità del vento maggiori la concentrazione dei
fumi sarà minore, mentre per velocità minori la concentrazione sarà maggiore per via del
minore effetto di mescolamento.
Le classi di Pasquill Gilfort sono gli indicatori della turbolenza atmosferica. Vi sono sei classi
tra le quali vi sono ulteriori suddivisioni in funzione di varie condizioni atmosferiche al
variare della stabilità. Si riportano in tabella 5.3 le condizioni meteorologiche che definiscono
le classi di stabilità atmosferica di Pasquill.
Si va dalla classe A (fortemente instabile) alla classe F (fortemente stabile). Le classi più
frequenti nel territorio Italiano son la D e la F. I quattro fattori che distinguono le classi sono:
velocità del vento;
radiazione solare;
copertura nuvolosa;
fase diurna o notturna del giorno.
Per trattare il problema derivante dalla diffusione degli agenti inquinanti è necessario
introdurre il fenomeno dell’inversione termica che avviene in atmosfera. All’aumentare della
quota del livello del mare vi è un progressivo aumento della temperatura; il gradiente
adiabatico della temperatura assume valori minori di zero. La dispersione degli inquinanti,
per altezze inferiori ai 200 m, è inibita fortemente dalle condizioni di stabilità. Si suppone
quindi che i moti ascensionali avvengano adiabaticamente fino ad un’altezza massima. Alla
quota massima la temperatura dell’ambiente sarà superiore di quella delle particelle. Le
particelle più calde dell’aria, tenderanno a salire, le particelle della quota massima invece
tenderanno a scendere. Questo fenomeno è analogo a quello dell’effetto delle forze di
galleggiamento espresso dalla formula di Grashof:
dove:
ρ è la densità del fluido,
β è il coefficiente di dilatazione termica,
g è l’accelerazione gravitazionale
µ è la viscosità del fluido.
Il numero di Grashof rappresenta:
forze di galleggiamento/forze viscose
Si può dunque concludere che l’altezza dello strato di diffusione sia assimilabile al punto in
cui si arrestano i moti verticali: è così possibile valutare la diffusione degli agenti inquinanti.
tratto da http://tesi.cab.unipd.it/