Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 1° agosto 2011, che riguarda la semplificazione delle procedure relative alla prevenzione incendi, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale – numero 221 del 22 settembre 2011 ed è entrato in vigore il 7 ottobre 2011, quindici giorni dopo la sua pubblicazione.
Questo provvedimento, emanato in conformità con l’articolo 49, comma 4-quater del decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010, convertito con modifiche dalla legge n. 122 del 30 luglio 2010, mira a semplificare e ridurre gli obblighi amministrativi sulle imprese per favorire la competitività e lo sviluppo del sistema produttivo. Le principali linee guida includono:
- Proporzionalità degli adempimenti amministrativi in base alle dimensioni dell’impresa e al settore di attività.
- Eliminazione di autorizzazioni, licenze, permessi, eccetera.
- Maggiore utilizzo di autocertificazioni, attestazioni, asseverazioni e certificazioni rilasciate da professionisti antincendio.
- Digitalizzazione degli adempimenti e delle procedure amministrative, in linea con il codice dell’amministrazione digitale.
Introduzione della SCIA
Questo nuovo regolamento tiene conto delle esigenze di semplificazione amministrativa, nonché dell’introduzione della Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) e della normativa sullo Sportello Unico per le attività produttive (SUAP), come definito nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 160 del 7 settembre 2010.
Inoltre, tiene conto delle disposizioni dell’articolo 16, comma 1 del Decreto Legislativo n. 139 dell’8 marzo 2006, che prevede l’individuazione delle attività soggette a controllo da parte dei Vigili del Fuoco, da emanarsi mediante decreto del Presidente della Repubblica in conformità con l’articolo 17, comma 1 della legge n. 400 del 23 agosto 1988, su proposta del Ministro dell’Interno, sentito il Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione incendi.
La SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) è stata introdotta dall’articolo 19 della legge n. 241 del 7 agosto 1990 e successive modifiche, sostituito dall’articolo 49, comma 4 bis del Decreto Legge n. 78 del 31 maggio 2010, convertito nella Legge n. 122 del 30 luglio 2010. Questo prevede che ogni procedura di autorizzazione, licenza, concessione, permesso o nulla osta, con qualsiasi denominazione, sia sostituita da una segnalazione corredata da dichiarazioni, attestazioni o asseverazioni redatte da tecnici qualificati ed esperti. L’attività può essere avviata dalla data di presentazione della SCIA.
Nel caso in cui l’amministrazione verifichi una carenza di requisiti, entro 60 giorni adotta provvedimenti motivati che vietano la prosecuzione dell’attività e richiedono la rimozione dei pericoli, salvo che, se fattibile, l’interessato si conformi alla normativa entro un termine non inferiore a 30 giorni.
Con l’emanazione del D.P.R. n. 151/2011 sono state abrogate le seguenti disposizioni:
Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 151/2011 ha introdotto un nuovo elenco di attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, denominato “Attività soggette”, nel suo Allegato I. Queste 80 attività, considerate ad alto rischio in caso di incendio, sono soggette ai controlli dei Vigili del Fuoco.
Il Decreto Ministeriale del 16 febbraio 1982, che conteneva nell’allegato una tabella con l’elenco dei depositi e delle industrie pericolose soggetti alle visite e ai controlli di prevenzione incendi.
Il Decreto del Presidente della Repubblica del 26 maggio 1959, n. 689, che nelle tabelle A e B riportava le aziende e le lavorazioni soggette al controllo dei Vigili del Fuoco.
Una delle principali innovazioni introdotte dal nuovo regolamento riguarda l’aggiornamento dell’elenco delle “attività soggette” con l’introduzione del principio di proporzionalità. Questo principio suddivide le attività in tre categorie (A/B/C) in base al rischio, alle dimensioni e alla complessità.
L’evoluzione nel tempo delle «attività soggette» ai controlli di prevenzione incendi
Nel vecchio regolamento, non c’era alcuna differenziazione nei requisiti amministrativi per le “attività soggette” (97 attività secondo il Decreto Ministeriale del 16 febbraio 1982), ad eccezione della durata del Certificato di Prevenzione Incendi (tre o sei anni), che tuttavia aveva un impatto molto limitato. Le nuove procedure, invece, prevedono procedimenti differenziati per ogni categoria, generalmente molto più semplici rispetto ai precedenti, soprattutto per le attività delle categorie A e B.
L’aggiornamento dell’elenco delle “attività soggette” è stato necessario per rispondere a diverse esigenze di innovazione. Con l’avanzamento tecnologico e l’accumularsi di esperienza, l’utilizzo di nuovi materiali e impianti ha reso possibile l’eliminazione di attività considerate a basso rischio e l’introduzione di nuove attività non precedentemente considerate. Questo processo ha coinvolto anche la ridefinizione dei limiti di soggezione.
Inoltre, durante la revisione dell’elenco, si è colto l’occasione per chiarire la definizione e l’assoggettabilità di alcune tipologie di attività che avevano generato numerosi dubbi e richieste di chiarimenti negli anni precedenti.
L’elenco delle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi ha subito diverse modifiche nel corso del tempo. Inizialmente, il Decreto del Presidente della Repubblica del 26 maggio 1959, n. 689, individuava 61 attività suddivise nelle tabelle A e B, in attuazione rispettivamente dell’articolo 36, lettera a) e dell’articolo 36, lettera b) del D.P.R. n. 547/55.
La tabella “A” comprendeva 54 attività relative a aziende e lavorazioni che coinvolgono la produzione, l’impiego, lo sviluppo e il deposito di prodotti infiammabili, incendiabili o esplosivi, mentre la tabella “B” comprendeva 7 attività relative a aziende e lavorazioni che, per dimensioni, posizione geografica ed altre ragioni, presentavano gravi pericoli per la sicurezza dei lavoratori in caso di incendio.
Successivamente, è stato emanato il Decreto Ministeriale del 16 febbraio 1982, che ha ampliato l’elenco a 97 attività, diventando per lungo tempo il principale punto di riferimento per la progettazione nel campo della prevenzione incendi.
Infine, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 1° agosto 2011 ha rivisto tale elenco riducendolo a 80 attività, abrogando le disposizioni precedenti e fornendo maggior chiarezza e coerenza.
Questo provvedimento ha anche eliminato le obsolete tabelle A e B del D.P.R. 26 maggio 1959, n. 689, che, sebbene in genere non applicate in vari contesti locali, continuavano comunque a generare ambiguità e disparità nell’applicazione degli aspetti sanzionatori legati alla normativa sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Le attività a rischio di incidente rilevante e il regolamento di prevenzione incendi
La direttiva 2012/18/UE, nota come “Seveso III” e recepita in Italia mediante il Decreto Legislativo 26 giugno 2015, n. 105, ha introdotto norme riguardanti il rischio di incidenti rilevanti. Questo decreto è entrato in vigore il 29 luglio 2015, quindici giorni dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Il Decreto Legislativo n. 105/2015 ha sostituito le direttive precedenti 96/82/CE e 2003/105/CE, recepite in Italia rispettivamente con il Decreto Legislativo n. 334/1999 e il Decreto Legislativo n. 238/2005, conosciuti come “Seveso II”.
In base ai limiti quantitativi di sostanze pericolose previsti per l’assoggettabilità, vengono definiti stabilimenti di “soglia inferiore” (SI) e di “soglia superiore” (SS).
Inizialmente, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 151/2011 escludeva dall’applicazione le attività industriali a rischio di incidente rilevante previste dall’articolo 8 del Decreto Legislativo n. 334/1999 e successive modifiche (Seveso II).
Successivamente, con l’articolo 8, comma 7 del Decreto Legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito nella Legge 30 ottobre 2013, n. 125, a partire dal 1° gennaio 2014 tali disposizioni sono state estese anche agli stabilimenti di “soglia superiore”.
Attualmente, tutte le attività a rischio di incidente rilevante soggette alla “Seveso III”, sia di “soglia inferiore” sia di “soglia superiore”, rientrano nel campo di applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 151/2011.
Per quanto riguarda gli adempimenti di prevenzione incendi per le attività soggette a controllo dei Vigili del Fuoco ai sensi del D.P.R. n. 151/2011, il Decreto Legislativo n. 105/2015 ha fissato con l’allegato L, ai sensi dell’articolo 31 del decreto, le procedure semplificate per gli stabilimenti di soglia superiore, in sostituzione delle precedenti stabilite con il Decreto Ministeriale 19 marzo 2001.
Il procedimento di prevenzione incendi costituisce un endo-procedimento dell’istruttoria sul rapporto di sicurezza e, nell’ottica della semplificazione, la presentazione del Rapporto di Sicurezza definitivo equivale alla Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) di cui all’articolo 4 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 151/2011.
Suddivisione delle attività soggette in tre categorie e differenziazione dei procedimenti di prevenzione incendi
Il nuovo regolamento prevede una suddivisione delle attività soggette in tre categorie, tenendo conto di vari fattori quali dimensioni, settore di attività, esistenza di regole tecniche e sicurezza pubblica. Inoltre, differenzia gli adempimenti procedurali in base a queste categorie:
Categoria A: Non è richiesto l’esame del progetto. I sopralluoghi dei Vigili del Fuoco sono effettuati a campione e, se effettuati, il cittadino può richiedere il verbale di visita tecnica. Questa categoria comprende attività dotate di regole tecniche e con un livello di complessità limitato.
Categoria B: È richiesto l’esame del progetto. I sopralluoghi dei Vigili del Fuoco sono effettuati a campione e, se effettuati, il cittadino può richiedere il verbale di visita tecnica. Questa categoria include attività presenti nella Categoria A (dotate di regole tecniche), ma con un livello di complessità maggiore, e attività prive di regole tecniche ma con un livello di complessità inferiore rispetto alla Categoria C.
Categoria C: È richiesto l’esame del progetto. I sopralluoghi dei Vigili del Fuoco sono effettuati obbligatoriamente con rilascio del cosiddetto “CPI” (Certificato di Prevenzione Incendi). Questa categoria include attività con un alto livello di complessità, indipendentemente dalla presenza di regole tecniche.
Disposizioni di prevenzione incendi per l’asseverazione per attività di categoria A
Per le attività di categoria A, per le quali non è previsto l’acquisizione del parere di conformità sul progetto come per le attività di categoria B o C, è essenziale che il tecnico abilitato disponga di riferimenti certi per redigere l’asseverazione attestante la conformità ai requisiti di prevenzione incendi contenuti nei riferimenti normativi. A tale scopo, è stata emessa la lettera circolare prot. n. 14724 del 26 novembre 2012, che fornisce dettagliate disposizioni per l’asseverazione delle attività di categoria A.
In base a questa circolare, vengono elencate le norme cui fare riferimento per l’asseverazione di tali attività. Queste norme sono individuate tra decreti e circolari in vigore e forniscono al tecnico abilitato gli strumenti necessari per garantire la conformità alle disposizioni di prevenzione incendi.
- 12/A: (Depositi e/o rivendite di liquidi con punto di infiammabilità superiore a 65 °C per capacità geometrica complessiva tra 1 m3 e 9 m3), non soggetti al D.M. 31 luglio 1934 come, ad esempio, gli oli di derivazione vegetale o animale;
- 41/A: (Teatri e studi per le riprese cinematografiche e televisive fino a 25 persone presenti), non soggetti al D.M. 19 agosto 1996, come ad esempio teatri e studi per le riprese cinematografiche e televisive senza presenza di pubblico;
- 49/A: (Gruppi per la produzione di energia elettrica sussidiaria con motori endotermici ed impianti di cogenerazione di potenza complessiva superiore a 25 kW, fino a 350 kW) non soggetti al D.M. 13 luglio 2011 come, ad esempio, i gruppi elettrogeni inseriti in processi di produzione industriale, installazioni antincendio, stazioni elettriche, centrali idroelettriche, dighe e ripetitori radio e installazioni impiegate al movimento di qualsiasi struttura;
- 66/A: (Alberghi, pensioni, motel, … studentati, … case per ferie, con oltre 25 posti-letto, fino a 50 posti-letto), non soggetti al D.M. 9 aprile 1994, come ad esempio gli «studentati» o le «case per ferie» in quanto non inserite nell’elenco di cui al punto 1 della regola tecnica;
- 68/A: (Case di riposo per anziani con oltre 25 posti letto, fino a 50 posti letto), non soggetti al D.M. 18 settembre 2002;
- 69/A: (Locali adibiti ad esposizione … con superficie lorda tra 400 m2 e 600 m2), non soggetti al D.M. 27 luglio 2010 (es. musei, gallerie, ecc.);
- 74/A: (Impianti per la produzione di calore con potenzialità tra 116 kW e 350 kW), non soggetti al D.M. 8 novembre 2019, come ad esempio impianti a combustibile solido, impianti inseriti in cicli di lavorazione industriale, ecc.
Ad esempio, per le attività menzionate nell’elenco non esaustivo fornito, il tecnico abilitato potrebbe fare riferimento a normative specifiche come il Decreto Ministeriale del 31 luglio 1934 per i depositi e/o rivendite di liquidi con punto di infiammabilità superiore a 65 °C, il Decreto Ministeriale del 19 agosto 1996 per i teatri e gli studi per le riprese cinematografiche e televisive, eccetera.
In questo modo, si fornisce al tecnico abilitato un quadro chiaro e completo delle disposizioni normative da seguire per garantire la sicurezza antincendio nelle attività di categoria A, contribuendo così a una corretta e adeguata gestione del rischio incendio.
Decreti collegati con il D.P.R. n. 151/2011
Nella seguente tabella sono riassunti i vari provvedimenti collegati con il nuovo regolamento di prevenzione incendi, confrontati con i vecchi provvedimenti che sono stati sostituiti.
Nuovo regolamento | Vecchio regolamento | Argomento |
D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151 | D.P.R. 12 gennaio 1998 n. 37 | Regolamento sulla disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi |
D.M. 16 febbraio 1982 | Elenco delle attività soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi | |
D.M. 7 agosto 2012 | D.M. 4 maggio 1998 | Disposizioni relative alle modalità di presentazione delle istanze per dei procedimenti di prevenzione incendi e alla documentazione da allegare |
D.M. 2 marzo 2012 | D.M. 3 febbraio 2006 | Tariffe dovute per i servizi a pagamento resi dai Vigili del fuoco |
Attualmente, il decreto previsto all’articolo 2, comma 8 del DPR n° 151/2011, relativo al provvedimento di cui all’articolo 23 comma 2 del D.Lgs. n. 139/2006, che dovrebbe individuare le attività di prevenzione incendi rese a titolo gratuito e stabilire i corrispettivi per i servizi di prevenzione incendi effettuati dal Corpo Nazionale, non è stato ancora emanato.
Per le nuove attività introdotte nell’Allegato I del DPR n° 151/2011, si applicano le tariffe già previste per le attività di analoga complessità, come individuate nella “tabella di equiparazione relativa alla durata del servizio delle attività soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi” di cui all’Allegato II del decreto. Pertanto, per la determinazione dei corrispettivi, si deve continuare a utilizzare la “Tabella transitoria delle tariffe”.
Le tariffe sono state aggiornate con il Decreto Ministeriale del 2 marzo 2012, che ha sostituito il Decreto Ministeriale del 3 febbraio 2006. Resta confermato il criterio che prevede che se un’attività comprende più punti, deve essere calcolata la somma delle tariffe delle singole attività.
Il nuovo regolamento prevede la possibilità di revisione dell’elenco delle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, in risposta al cambiamento delle esigenze di salvaguardia delle condizioni di sicurezza antincendio.
La revisione dell’elenco delle attività soggette avviene attraverso un decreto del Presidente della Repubblica, il quale viene emesso su proposta del Ministro dell’Interno, previa consultazione del Comitato Centrale Tecnico-Scientifico per la Prevenzione Incendi.
Questa procedura assicura un meccanismo flessibile e adattabile per garantire che l’elenco delle attività soggette rifletta sempre le attuali esigenze di prevenzione incendi e che sia in grado di adeguarsi ai cambiamenti nel contesto normativo, tecnologico e industriale.
L’articolo 11, comma 1 del Decreto Ministeriale del 7 agosto 2012 ha stabilito la predisposizione di una modulistica unificata per istanze, segnalazioni e dichiarazioni relative alla prevenzione incendi. Questa modulistica è stata definita mediante decreto del Direttore Centrale della Prevenzione e Sicurezza Tecnica, previa consultazione del Comitato Centrale Tecnico Scientifico per la Prevenzione Incendi.
Modulistica di prevenzione incendi
Attualmente, la modulistica in uso è stata trasmessa attraverso le seguenti note:
- Nota DCPREV prot. n. 13552 del 31 ottobre 2012, con Decreto DCPST n. 200 del 31 ottobre 2012.
- Nota DCPREV prot. n. 4849 dell’11 aprile 2014, con Decreto DCPST n. 252 del 10 aprile 2014, che ha aggiornato alcuni modelli.
- Nota DCPREV prot. n. 6542 del 16 maggio 2018, con Decreto DCPST n. 72 del 16 maggio 2018, che ha ulteriormente aggiornato i vari modelli.
Questi aggiornamenti nella modulistica riflettono probabilmente cambiamenti normativi, procedure migliorate o altre modifiche necessarie per garantire l’efficacia e l’adeguatezza dei documenti utilizzati nel contesto della prevenzione incendi.
La modulistica di prevenzione incendi può essere suddivisa in due categorie principali:
Istanze e segnalazioni, presentate dall’utenza:
- PIN 1-2018-Valutazione progetto
- PIN 2-2018-SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività)
- PIN 3-2018-Rinnovo
- PIN 4-2018-Deroga
- PIN 5-2018-N.O.F. (Notifica di Occupazione di Fabbricato)
- PIN 6-2018-Verifica in corso d’opera
- PIN 7-2018-Voltura
Dichiarazioni e certificazioni, rese da parte di professionisti e tecnici:
- PIN 2.1-2018-Asseverazione
- PIN 2.2-2018-Certificazione REI (Resistenza al Fuoco ed Isolamento Termico)
- PIN 2.3-2018-Dichiarazione di Produttore
- PIN 2.4-2018-Dichiarazione di Impresa
- PIN 2.5-2018-Certificazione di Impresa
- PIN 2.6-2018-Dichiarazione di Non Aggravio del Rischio
- PIN 3.1-2014-Asseverazione Rinnovo
Questi documenti sono utilizzati per comunicare informazioni, richiedere autorizzazioni o certificare la conformità alle normative antincendio, contribuendo così a garantire la sicurezza e la conformità degli edifici e delle attività ai requisiti di prevenzione incendi.
Il regime dell’imposta di bollo per i procedimenti di prevenzione incendi è stato definito con la nota DCPREV prot. n. 5307 del 19 aprile 2013.
Secondo le disposizioni stabilite, tutte le richieste devono essere presentate con l’apposizione del bollo, laddove previsto. Tuttavia, sono esenti dall’imposta le Amministrazioni dello Stato, le Regioni, le Province, i Comuni e altre Organizzazioni in conformità a specifiche disposizioni normative.
Il bollo è richiesto solo per le istanze finalizzate all’ottenimento di un provvedimento amministrativo, come ad esempio autorizzazioni o il rilascio di certificati.
In base a quanto stabilito, non è richiesto il pagamento dell’imposta di bollo per le “Attestazioni di rinnovo” e per la “SCIA”, poiché queste sono considerate semplici comunicazioni prive di istanze e non comportano il rilascio di provvedimenti o autorizzazioni.
Inoltre, non è richiesto il bollo per il Verbale di visita tecnica né per la richiesta relativa, così come non è richiesto per il Certificato di Prevenzione Incendi, poiché quest’ultimo è un atto rilasciato obbligatoriamente e non su istanza.
Versamenti
I versamenti per i servizi a pagamento presso i Comandi possono essere effettuati principalmente attraverso due modalità: tramite Conto Corrente postale intestato alle locali Sezioni di Tesoreria Provinciale dello Stato o mediante bonifico bancario alle coordinate IBAN fornite dal Comando.
Va notato che attualmente non sono previste esenzioni per le Amministrazioni dello Stato, poiché l’art. 35, lettera r) del D.Lgs. n. 139/2006 ha abrogato l’art. 1 della legge n. 966/65, che precedentemente garantiva l’esenzione dal pagamento per le prestazioni richieste dalle Amministrazioni dello Stato.
È importante notare che il Decreto Ministeriale previsto dall’articolo 23, comma 2 del D.Lgs. n. 139/2006, che avrebbe dovuto individuare le attività di prevenzione incendi rese a titolo gratuito e stabilire i relativi corrispettivi per i servizi, non è ancora stato emanato.
Maggiori responsabilità di titolari e professionisti
Il Decreto Ministeriale del 7 agosto 2012 ha introdotto una specifica indicazione sulla modulistica riguardante le qualifiche professionali richieste per la firma del “tecnico abilitato” o del “professionista antincendio”, come definiti all’articolo 1, comma 1, lettere b e c del medesimo decreto.
La distinzione tra “tecnico abilitato” e “professionista antincendio” è la seguente:
- Tecnico abilitato: Si tratta di un professionista iscritto in un albo professionale, che opera all’interno delle proprie competenze specifiche nel settore della prevenzione incendi.
- Professionista antincendio: Si riferisce a un professionista anch’esso iscritto in un albo professionale, che opera all’interno delle proprie competenze e, inoltre, è iscritto negli appositi elenchi del Ministero dell’Interno, come stabilito dall’articolo 16 del Decreto Legislativo n. 139/2006.
Queste specifiche qualifiche professionali sono indicate sulla modulistica al fine di garantire un maggior controllo e una maggiore chiarezza nei procedimenti relativi alla prevenzione incendi.
Il nuovo regolamento di prevenzione incendi introduce una significativa differenza rispetto ai precedenti, concentrando una maggiore responsabilità sui cittadini, in particolare sui professionisti.
I professionisti, sia gli “asseveratori” che i “certificatori”, e i titolari delle attività assumono ora rispettivamente l’incarico di attestare la conformità alle normative e di osservare gli obblighi legati all’esercizio dell’attività durante le fasi di presentazione della “SCIA” e del “Rinnovo”.
I principi alla base del nuovo regolamento, incentrati sulla semplificazione, sulla riduzione dell’interferenza dello Stato e sulla facilità per i cittadini, comportano naturalmente una maggiore assunzione di responsabilità da parte dei titolari e dei professionisti.
Procedure di prevenzione incendi
Grazie alla semplificazione introdotta dal D.P.R. n. 151/2011, i cittadini possono utilizzare l’apposita modulistica per:
- Avviare l’attività contemporaneamente alla presentazione della SCIA, attraverso l’asseverazione firmata dal professionista;
- Presentare la SCIA (senza ulteriore “esame progetto”), anche in caso di modifiche, mediante la “Dichiarazione di non aggravio di rischio” firmata dal professionista;
- Presentare l’”Attestazione di rinnovo periodico” accompagnata da una dichiarazione e, eventualmente, da un’asseverazione del professionista antincendio;
- Presentare una semplice documentazione in occasione del “rinnovo”, senza la necessità di una nuova SCIA in caso di “modifiche non sostanziali”.
Le procedure di prevenzione incendi, insieme ai relativi obblighi dei responsabili delle attività e alle funzioni dei Vigili del Fuoco, sono stabilite dall’articolo 16 del D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139, con le modifiche apportate dai decreti legislativi n. 97/2017 e n. 127/2018.
Queste procedure riguardano le cosiddette “attività soggette”, che sono considerate più pericolose a causa della presenza e dell’uso di sostanze infiammabili, combustibili o esplosive, comportando gravi rischi per la vita e i beni in caso di incendio.
Attualmente, le attività soggette sono individuate dal D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151, che è uno dei decreti menzionati nell’articolo 16, comma 2 del D.Lgs. n. 139/2006 e successive modifiche.
Le varie procedure di prevenzione incendi
Le varie procedure di prevenzione incendi includono:
- Esame dei progetti.
- Acquisizione delle segnalazioni certificate di inizio attività.
- Effettuazione di controlli tramite visite tecniche.
- Istruttoria dei progetti in deroga.
- Acquisizione della richiesta di rinnovo periodico della conformità antincendio.
- Ulteriori verifiche ed esami previsti dal D.P.R. n. 151/2011.
Per le attività di tipo complesso, i comandi possono acquisire le valutazioni del Comitato Tecnico Regionale per la Prevenzione Incendi e avvalersi di esperti designati dal Comitato per le visite tecniche.
Durante queste procedure, i responsabili delle attività devono presentare al comando certificazioni e dichiarazioni che attestino la conformità alla normativa antincendio, rilasciate da enti, laboratori o professionisti del settore.
Nel caso in cui manchino i requisiti previsti dalla normativa di prevenzione incendi, il comando adotta misure urgenti, anche ripristinatorie della sicurezza, e informa i soggetti interessati, il sindaco, il prefetto e altre autorità competenti per adottare i provvedimenti necessari.
Le determinazioni prese dal comando sono considerate atti definitivi e non possono essere impugnate con ricorsi amministrativi ordinari, ma è possibile presentare ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica o ricorsi giurisdizionali al TAR.
Quando si verificano modifiche nelle lavorazioni, nelle strutture, nella destinazione dei locali o nelle sostanze pericolose presenti, o in generale nelle condizioni di sicurezza precedentemente accertate, i responsabili delle attività devono avviare nuovamente le procedure previste.
Le modalità di gestione di tali modifiche sono regolamentate dal D.P.R. n. 151/2011 e dal D.M. 7 agosto 2012, che prevedono adempimenti differenziati a seconda della natura delle modifiche:
- Modifiche “non sostanziali”: In questo caso, è sufficiente dichiararle in fase di attestazione di rinnovo periodico.
- Modifiche “con variazione” delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio: Per queste modifiche, è necessario presentare una nuova Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA).
- Modifiche “con aggravio” delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio: Se le modifiche comportano un aumento del rischio rispetto alle condizioni di sicurezza antincendio precedentemente accertate, è richiesto di presentare un nuovo esame progetto.
Questa è una panoramica delle procedure previste dal D.P.R. n. 151/2011, ma è importante notare che l’applicazione del regolamento potrebbe variare leggermente da una provincia all’altra, in base alle prassi adottate dai rispettivi Comandi dei Vigili del Fuoco. Di seguito sono riportate le principali caratteristiche delle procedure, basate sull’interpretazione dell’autore e sulla prassi seguita da un Comando provinciale di media grandezza:
- Uniformità territoriale: Sebbene il regolamento debba essere applicato uniformemente su tutto il territorio nazionale, potrebbero esserci differenze pratiche tra le province a seconda dei territori di competenza dei Comandi dei Vigili del Fuoco.
- Prassi provinciali: È importante considerare che ci potrebbero essere variazioni nelle prassi adottate da provincia a provincia.
- Interpretazioni autorevoli: Le procedure descritte riflettono l’interpretazione dell’autore, che cerca di aderire alla logica del regolamento.
- Comando provinciale di media grandezza: Le procedure sono basate sulle necessità e le caratteristiche di un Comando provinciale di media grandezza, tenendo conto delle esigenze specifiche e delle risorse disponibili.
«Istanze» e «segnalazioni» del D.P.R. n. 151/2011
Queste considerazioni aiutano a comprendere il contesto in cui le procedure di prevenzione incendi vengono attuate e adottate a livello locale.
Procedura | Categorie | D.P.R. n. 151/2011 | D.M. 7 agosto 2012 |
Richiesta valutazione del progetto | B/C | art. 3 | art. 3 |
SCIA | A/B/C | art. 4 | art. 4 |
Attestazione di rinnovo | A/B/C | art. 5 | art. 5 |
Richiesta di deroga | A/B/C | art. 7 | art. 6 |
Richiesta nulla osta di fattibilità | B/C | art. 8 | art. 7 |
Richiesta verifica in corso d’opera | A/B/C | art. 9 | art. 8 |
La valutazione del progetto per le attività soggette di categorie B e C richiede una serie di passaggi e documenti da presentare al Comando. Ecco i principali punti da considerare:
- Domanda di valutazione del progetto: I responsabili delle attività devono presentare al Comando una domanda utilizzando il modulo PIN1-2018. Questo modulo deve essere compilato accuratamente e firmato.
- Documentazione conforme all’allegato I al D.M. 7 agosto 2012: La documentazione allegata alla domanda deve essere conforme all’allegato I al D.M. 7 agosto 2012. Questo documento deve essere redatto e firmato da un tecnico abilitato e deve comprendere una scheda informativa generale, una relazione tecnica e gli elaborati grafici necessari.
- Attestato del versamento: È necessario allegare un attestato del versamento a favore della Tesoreria provinciale dello Stato. Questo dimostra che sono state pagate le tariffe relative alla valutazione del progetto.
- Bollo: È importante assicurarsi che la domanda sia corredata da bollo, se richiesto dalle disposizioni vigenti.
Assicurarsi di seguire attentamente tutte le istruzioni fornite dal Comando e di compilare correttamente tutti i documenti richiesti per garantire una valutazione accurata del progetto.
Valutazione del progetto
Per la valutazione del progetto con un approccio ingegneristico, è fondamentale seguire una procedura dettagliata e includere una serie di documenti specifici. Ecco i principali passaggi da seguire:
- Documentazione tecnica: Secondo quanto stabilito dall’articolo 3, comma 2, lettera a) del D.M. 7 agosto 2012, la documentazione tecnica deve essere redatta e firmata da un professionista antincendio. Deve essere conforme all’allegato I, lettera a) del medesimo decreto.
- Integrazione con l’allegato al D.M. 9 maggio 2007: La documentazione deve essere integrata con quanto previsto nell’allegato al D.M. 9 maggio 2007, compreso il programma per l’attuazione del sistema di gestione della sicurezza antincendio (SGSA).
- Versamento: Il versamento richiesto per la valutazione del progetto è raddoppiato rispetto a quanto stabilito dal D.M. 7 agosto 2012, considerando la complessità e l’impegno maggiore richiesto per questa valutazione.
- Documentazione aggiuntiva: Oltre a quanto previsto dall’articolo 3 del D.M. 7 agosto 2012, la documentazione tecnica deve includere ulteriori elementi:
- Sommario tecnico: Firmato congiuntamente da progettista e titolare dell’attività, questo documento sintetizza il processo seguito per individuare scenari d’incendio e livelli di prestazione.
- Risultati dell’analisi quantitativa: Devono essere inclusi in modo che riassumano il comportamento del sistema per quel tipo di analisi.
- Programma per l’attuazione del SGSA: Questo documento definisce le azioni e le procedure da seguire per implementare il sistema di gestione della sicurezza antincendio.
Seguendo attentamente questi passaggi e includendo tutti i documenti richiesti, si garantirà una valutazione accurata e completa del progetto con un approccio ingegneristico.
La documentazione tecnica è costituita da relazione tecnica e elaborati grafici e deve consentire di accertare la rispondenza alle norme o, in mancanza, ai criteri generali di prevenzione incendi.
Tale documentazione è relativa a:
- Attività non regolate da specifiche disposizioni antincendio.
- Attività regolate da specifiche disposizioni antincendi.
- Modifiche di attività esistenti.
In caso di presentazione in forma cartacea, solo la domanda deve essere in duplice copia. La documentazione tecnica allegata (relazione tecnica e elaborati grafici) deve essere presentata in singola copia, che rimarrà agli atti del Comando.
Valutazione del progetto con approccio ingegneristico
La documentazione tecnica richiesta dall’articolo 3, comma 2, lettera a) del Decreto Ministeriale del 7 agosto 2012 deve essere redatta e firmata da un professionista antincendio e deve essere conforme all’allegato I, lettera a).
In aggiunta, questa documentazione deve essere integrata con le disposizioni stabilite nell’allegato al Decreto Ministeriale del 9 maggio 2007, incluso il programma per l’attuazione del sistema di gestione della sicurezza antincendio (SGSA).
Il versamento richiesto è stato raddoppiato rispetto a quanto stabilito dal Decreto Ministeriale del 7 agosto 2012, considerando la complessità e il maggiore impegno necessario per la valutazione.
Oltre a quanto prescritto dall’articolo 3 del Decreto Ministeriale del 7 agosto 2012, la documentazione tecnica deve includere:
- Un sommario tecnico, firmato congiuntamente dal progettista e dal titolare dell’attività, in cui venga sintetizzato il processo seguito per individuare gli scenari d’incendio e i livelli di prestazione.
- I risultati dell’analisi quantitativa, in modo che riflettano il comportamento del sistema per quel tipo di analisi.
- Un documento contenente il programma per l’attuazione del SGSA.
La documentazione tecnica è composta da una relazione tecnica e da elaborati grafici, e deve permettere di verificare la conformità alle normative vigenti o, in mancanza di queste, ai criteri generali di prevenzione incendi.
Questa documentazione riguarda:
- Attività non soggette a disposizioni antincendio specifiche.
- Attività soggette a disposizioni antincendio specifiche.
- Modifiche a attività esistenti.
Se la presentazione avviene in forma cartacea, è necessario fornire solo la domanda in duplice copia. La documentazione tecnica allegata, che include la relazione tecnica e gli elaborati grafici, deve essere presentata in singola copia, la quale sarà conservata presso il Comando.
Se sono presenti contemporaneamente attività classificate come di categoria A, B e C, il progetto da sottoporre a valutazione deve riguardare esclusivamente le attività di categoria B e C. La presenza delle attività di categoria A deve essere segnalata negli elaborati e nella relazione tecnica solo per valutare eventuali interferenze. Di conseguenza, non è richiesto il versamento per le attività di categoria A.
Il Comando deve comunicare al richiedente l’avvio del procedimento ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, mediante una nota specifica che includa, in conformità all’articolo 8 della legge:
- L’oggetto del procedimento, che è la valutazione del progetto, e la data prevista per la sua conclusione entro 60 giorni.
- Il responsabile del procedimento e dell’adozione del provvedimento finale, di norma il Comandante provinciale.
- Il nome del responsabile dell’istruttoria tecnica, che di solito è un funzionario tecnico.
- L’ufficio presso il quale è possibile visionare gli atti, solitamente l’Ufficio prevenzione incendi.
- Il Numero Pratica e il PIN per la consultazione dello stato del procedimento tramite il web.
In base alla legge n. 241/1990, è obbligatorio individuare il responsabile del procedimento, il responsabile dell’istruttoria tecnica e il responsabile dell’adozione del provvedimento finale. È importante notare che queste figure possono coincidere con uno o più soggetti diversi, a seconda della complessità e dell’organizzazione del Comando.
Il responsabile del procedimento ai sensi della legge n. 241/1990 è di norma individuato, se non diversamente specificato, nel Comandante Provinciale. Questa figura è dotata dell’autorità necessaria per gestire e dirigere ogni fase procedimentale. Inoltre, il Comandante è anche il responsabile per l’adozione del provvedimento finale ai sensi dell’articolo 6, lettera e) della legge n. 241/1990.
In considerazione degli impegni che caratterizzano le principali responsabilità dirigenziali, è consigliabile che il Comandante non si coinvolga direttamente e personalmente nell’espletamento della fase istruttoria tecnica delle pratiche. Tale fase dovrebbe essere gestita dalle altre figure professionali del Comando.
L’incarico di responsabile dell’istruttoria tecnica potrebbe essere attribuito dal Comandante, al momento della ricezione della richiesta, in modo casuale tra il personale idoneo, seguendo criteri di rotazione. Al fine di garantire trasparenza e imparzialità, sarebbe preferibile evitare automatismi (come assegnazioni basate sulla base territoriale o sugli incarichi precedenti) nella designazione degli incarichi.
In caso di documentazione ritenuta non esaustiva, il Comando ha il diritto di richiedere integrazioni entro 30 giorni, come previsto dall’articolo 3, comma 3 del D.P.R. n. 151/2011. In questa circostanza, il termine per la conclusione del procedimento di 60 giorni inizia a decorrere dalla data di presentazione della documentazione completa.
Al fine di evitare che i procedimenti rimangano fermi per un periodo indeterminato, nella comunicazione inviata dal Comando può essere specificato che la documentazione richiesta deve essere ricevuta entro un determinato termine dalla data di invio della comunicazione stessa. In caso di mancato riscontro entro questo termine, sarà comunicato che il progetto verrà valutato sulla base dei documenti già presenti agli atti.
Il Comando rilascia il parere entro 60 giorni dalla data di presentazione della documentazione completa. Tuttavia, con il precedente regolamento, il termine era fissato a 45 giorni, prorogabili fino a 90 giorni in caso di situazioni complesse, previa comunicazione all’interessato.
Se il Comando prevede di rilasciare un parere contrario, è tenuto a inviare preventivamente una comunicazione ai sensi dell’articolo 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. Questa comunicazione deve informare il richiedente che esistono motivi ostativi all’accoglimento della domanda, elencandoli in modo chiaro.
Il richiedente viene invitato a presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate da documenti, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione. Queste osservazioni saranno valutate per l’espressione del parere definitivo. Durante questo periodo, il procedimento viene sospeso e i termini di conclusione ricominciano a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza di queste, dalla scadenza dei dieci giorni indicati.
Segnalazione certificata di inizio attività
La Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) deve essere presentata una volta che i lavori sono stati completati, ma prima dell’inizio effettivo dell’attività, sia per attività nuove che per attività esistenti in caso di modifiche “sostanziali” che non comportano un aumento del rischio. Una volta verificata positivamente la completezza formale della SCIA, il Comando rilascia contestualmente una ricevuta di avvenuta presentazione, che funge da titolo abilitativo per l’esercizio dell’attività ai fini antincendio.
Corretto, per la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), che è una comunicazione e non contiene istanze, non viene comunicato l’avvio del procedimento. Una volta che il richiedente presenta la SCIA e viene verificata positivamente la completezza formale, viene rilasciata al richiedente una ricevuta di avvenuta presentazione. Questa ricevuta funge da titolo abilitativo per l’esercizio dell’attività ai fini antincendio.
La SCIA deve essere redatta utilizzando il modello PIN2-2018 e presentata al Comando prima dell’inizio dell’attività. Deve essere allegata la seguente documentazione:
- Asseverazione che attesti la conformità dell’attività alle prescrizioni vigenti in materia di sicurezza antincendio. Per le attività di categoria B e C, l’asseverazione deve essere basata sul progetto approvato dal Comando, utilizzando il modello PIN2.1-2018 e firmata da un tecnico abilitato.
- Documentazione conforme all’allegato II al Decreto Ministeriale del 7 agosto 2012 per le attività di categoria B/C.
- Documentazione conforme all’allegato I b) al Decreto Ministeriale del 7 agosto 2012 per le attività di categoria A.
- Attestato del versamento a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.
Per la presentazione della SCIA, è necessario allegare un’asseverazione ai fini della sicurezza antincendio, come richiesto dall’articolo 4 del Decreto Ministeriale del 7 agosto 2012, che comprenda anche gli altri allegati, se previsti. Ecco quali documenti devono essere inclusi:
- Asseverazione redatta secondo il modello PIN_2.1-2018-Asseverazione, firmata da un professionista antincendio.
- Certificazione di resistenza al fuoco (ad eccezione delle porte e degli elementi di chiusura) redatta utilizzando il modello PIN 2.2-2018-Cert.REI, firmata da un professionista antincendio.
- Dichiarazione sui prodotti impiegati per la reazione e la resistenza al fuoco, nonché sui dispositivi di apertura delle porte, redatta secondo il modello PIN_2.3-2018-Dich.Prod, firmata da un tecnico abilitato.
- Dichiarazione sulla corretta installazione e funzionamento, escludendo il campo di applicazione del Decreto Ministeriale del 22 gennaio 2008, n. 37, redatta utilizzando il modello PIN 2.4-2018-Dich.Imp, firmata dall’installatore.
- Certificazione di conformità e corretto funzionamento dell’impianto, redatta utilizzando il modello PIN_2.5-2018-Cert.Imp, firmata da un professionista antincendio.
- Dichiarazione di non aggravio del rischio, redatta secondo il modello PIN 2.6-2018-Non aggravio (art. 4, comma 7 del D.M. 7 agosto 2012), firmata da un tecnico abilitato.
Nel caso di utilizzo dell’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio, la SCIA deve includere anche una dichiarazione del responsabile dell’attività riguardante l’attuazione del programma relativo al sistema di gestione della sicurezza antincendio (SGSA). Questo è importante perché il SGSA è una parte essenziale della gestione della sicurezza antincendio per le attività soggette a questo tipo di approccio. La dichiarazione del responsabile dell’attività conferma l’impegno nell’attuare e mantenere efficacemente il programma SGSA.
In caso di modifiche che non comportano un aumento delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio e che richiedono la presentazione di una nuova SCIA, è possibile procedere direttamente con la presentazione di una nuova SCIA, senza la necessità di un nuovo “esame progetto” ai sensi dell’articolo 4, comma 6 del D.P.R. n. 151/2011. Queste modifiche sono elencate nell’Allegato IV del Decreto Ministeriale del 7 agosto 2012 e includono:
- Modifiche di lavorazione o di strutture;
- Cambiamento della destinazione dei locali;
- Variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose;
- Modifiche generali delle condizioni di sicurezza precedentemente stabilite.
Il Comando verifica la completezza formale dell’istanza, della documentazione e degli allegati, rilasciando una ricevuta in caso di esito positivo. La ricevuta di avvenuta presentazione della SCIA al Comando provinciale, sia direttamente che tramite il SUAP, costituisce un titolo abilitativo per l’esercizio dell’attività esclusivamente ai fini antincendio.
È consigliabile che i Comandi provinciali rilascino la ricevuta contestualmente alla presentazione della SCIA, una volta verificata la completezza formale.
L’invio tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) di SCIA e/o di Attestazione di rinnovo periodico agli indirizzi di posta certificata del Comando genera una ricevuta di avvenuta consegna, che ha lo stesso valore legale dell’avviso di ricevimento della raccomandata postale.
Se la documentazione trasmessa non risulta conforme a quanto previsto, le relative istanze devono essere considerate invalide. Questa eventualità viene comunicata immediatamente dal Comando a seguito della verifica della completezza formale effettuata ai sensi dell’articolo 4 del D.P.R. n. 151/2011.
Il sopralluogo o la visita tecnica da parte del Comando, finalizzati ad accertare il rispetto delle prescrizioni previste e la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio, deve essere effettuato entro 60 giorni. Questa tempistica si applica a meno che il sopralluogo non debba essere eseguito nell’ambito di organi collegiali come le Commissioni di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo.
Per le attività di categoria C, entro 15 giorni dal sopralluogo, se il risultato è positivo, il Comando invia il “Certificato di prevenzione incendi”. Questo certificato, non essendo più considerato un provvedimento finale di un procedimento amministrativo, attesta semplicemente il rispetto delle prescrizioni antincendio e dei requisiti di sicurezza. Non ha validità temporale e viene inviato solo all’interessato, senza bisogno di comunicazioni ad altri enti come il Comune.
Il Comando effettua controlli a campione su attività in categoria A/B entro un periodo di 60 giorni, come previsto dall’articolo 4, comma 2 del D.P.R. 151/2011, seguendo le direttive ministeriali che stabiliscono anche il numero minimo di controlli da eseguire (pari al 8% negli ultimi anni).
Secondo queste indicazioni, i controlli disposti in base all’articolo 19 del D.Lgs. n. 139/2006 e successive modifiche, nell’ambito dell’attività di vigilanza ispettiva e relativi alle attività in categoria A e B, possono essere considerati validi anche per le verifiche a campione, a condizione che siano eseguiti entro 60 giorni dalla presentazione della SCIA.
Dopo il sopralluogo, l’incaricato redige il verbale di visita tecnica. Per garantire uniformità, il Comando potrebbe decidere di redigere tale verbale non solo per le attività in categoria A e B, ma anche per quelle in categoria C.
Nel caso di esito positivo, il verbale riporta che “sono rispettate le prescrizioni previste dalla vigente normativa di prevenzione incendi e la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio relativi al progetto approvato o (per categoria A) alla documentazione tecnica presentata”.
Di solito, viene rilasciata una copia del verbale di visita tecnica solo su richiesta dell’interessato per le attività di categoria A/B, anche se il verbale viene comunque sempre redatto. Questa richiesta può essere fatta anche durante il sopralluogo, barrando l’apposita opzione sul modello con cui l’interessato chiede la copia del verbale di visita tecnica.
Per le attività in categoria A e B, rispettando il minimo stabilito dalle disposizioni ministeriali, il Comando dovrebbe pianificare le visite tecniche secondo le indicazioni ministeriali, cercando di farle entro 60 giorni quando possibile.
Per tutte le attività soggette (categoria A/B/C), in caso di carenza accertata dei requisiti e dei presupposti per l’esercizio, il Comando può procedere in due modi:
- Adotta provvedimenti motivati di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi.
- Dove possibile, stabilisce un termine fino a 45 giorni per conformare l’attività alla normativa antincendio. In questo caso, che rappresenta di solito la prassi più comune, il Comando informa il responsabile dell’attività della mancanza dei requisiti di sicurezza antincendio e delle prescrizioni impartite, invitandolo ad adempiere entro un termine massimo di 45 giorni.
Per consentire la continuazione dell’attività durante il periodo di adeguamento, potrebbero essere prescritte specifiche misure come la rimozione immediata di pericoli, restrizioni operative o altri obblighi gestionali.
Al termine del periodo, viene effettuata una nuova visita tecnica. In caso di mancato rispetto delle prescrizioni impartite, viene comunicato al responsabile che sono stati riscontrati requisiti e presupposti insufficienti per l’esercizio dell’attività, che vengono elencati. In conformità all’articolo 4 del D.P.R. n. 151/2011, il responsabile viene diffidato a non proseguire con l’attività.
Per i luoghi di lavoro, si farà riferimento a quanto comunicato nell’ambito della procedura sanzionatoria prevista dal D.Lgs. n. 758/1994, che seguirà il suo specifico iter. La comunicazione, ai sensi degli articoli 16 comma 5 e 19 comma 3 del D.Lgs. n. 139/2006 e successive modifiche, viene inviata alla Prefettura e al Comune per l’adozione dei rispettivi provvedimenti di competenza.
L’articolo 19, comma 3 del D.Lgs. 139/2006 e successive modifiche, stabilisce che in caso di inadempienze, i Comandi devono adottare misure urgenti, anche di ripristino, per garantire la sicurezza e devono comunicare al Sindaco e al Prefetto i risultati degli accertamenti per i relativi provvedimenti di competenza.
L’articolo 20, comma 3 del D.Lgs. 139/2006 e successive modifiche, prevede che il Prefetto possa disporre la sospensione dell’attività in caso di mancata presentazione della segnalazione certificata di inizio attività o della richiesta di rinnovo periodico della conformità antincendio.
Va specificato che il potere di sospensione del Prefetto non è vincolato ma è ampiamente discrezionale, consentendo una valutazione equilibrata di tutti gli interessi pubblici coinvolti in ciascun caso specifico.
L’articolo 20, comma 1 del D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139, come modificato dal D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 97, ha stabilito che «Chiunque, in qualità di titolare di una delle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, ometta di presentare la segnalazione certificata di inizio attività o la richiesta di rinnovo periodico della conformità antincendio è punito con l’arresto sino ad un anno o con l’ammenda da 258 a 2.582 euro, quando si tratta di attività che comportano la detenzione e l’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, da cui derivano in caso di incendio gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni, da individuare con il decreto del Presidente della Repubblica previsto dall’articolo 16, comma 2».
L’articolo 16, comma 2, del D.Lgs. n. 139/2006 come modificato dall’articolo 3, comma 4 del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 97, recita: «Con uno o più decreti del Presidente della Repubblica, da emanare a norma dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’interno, sentito il Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione incendi, sono individuati i locali, le attività, i depositi, gli impianti e le industrie pericolose, in relazione alla detenzione ed all’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti che comportano in caso di incendio gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni ed in relazione alle esigenze tecniche di sicurezza, nonché le disposizioni attuative relative alle procedure di prevenzione incendi e agli obblighi a carico dei soggetti responsabili delle attività».
Il Decreto del Presidente della Repubblica emanato in ottemperanza all’articolo 16 del Decreto Legislativo n. 139 del 2006 è il D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151. Questo decreto richiama specificamente il Decreto Legislativo 8 marzo 2006, n. 139, e, tra gli altri, l’articolo 20, che contempla le sanzioni penali.
Questa disposizione ha contribuito a superare alcune controversie che avevano generato interpretazioni divergenti a livello locale tra i vari Comandi dei Vigili del Fuoco e le Procure della Repubblica, con la produzione di pareri o sentenze contraddittorie.
Tuttavia, alcune interpretazioni discordanti sono sopravvissute, considerando che l’omessa presentazione della Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) o del rinnovo è punita “quando si tratta di attività che comportano detenzione e impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti […].” Il D.P.R. n. 151/2011, tramite il suo Allegato I, elenca le attività soggette a visite e controlli di prevenzione incendi, ma non specifica che si riferisce a quelle attività che implicano detenzione e impiego di tali prodotti, da cui possono derivare gravi pericoli per l’incolumità delle persone e dei beni in caso di incendio.
Viene citata una sentenza relativa a un amministratore di condominio che ometteva di richiedere la SCIA per un edificio di civile abitazione. Questo caso è stato basato sul fatto che la normativa prevede espressamente particolari categorie di soggetti tenuti a richiedere o rinnovare il certificato di prevenzione incendi, soprattutto coloro che gestiscono attività che coinvolgono la detenzione e l’uso di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti. Pertanto, l’imputato è stato assolto dal reato poiché non sussiste il fatto.
Tuttavia, una sentenza successiva della Cassazione penale (Sentenza n. 34586 del 17 settembre 2021, Sez. 3) ha respinto il ricorso di un amministratore di condominio che aveva omesso di presentare la SCIA per un edificio di altezza superiore a 24 metri. Il ricorso è stato ritenuto infondato, confermando che è configurabile il reato di omessa presentazione della SCIA o della richiesta di rinnovo periodico della conformità antincendio per attività gestite dall’amministratore di condominio in edifici di altezza superiore a 24 metri. La norma incriminatrice si applica ai titolari di queste attività, soggette a controlli di prevenzione incendi e che coinvolgono la detenzione e l’uso di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, individuati da apposito D.P.R.
La detenzione e l’uso di tali prodotti in condomini relativi a edifici di altezza superiore a 24 metri sono dati di comune esperienza, considerando, ad esempio, l’uso di apparecchi alimentati ad energia elettrica per l’illuminazione degli spazi comuni. Pertanto, il reato è configurabile anche in questi casi, e l’amministratore del condominio è tenuto ad adempiere agli obblighi normativi relativi alla sicurezza antincendio.
Nei “non luoghi di lavoro” come gli edifici adibiti a civile abitazione, le autorimesse condominiali, le centrali termiche, i serbatoi di GPL, ecc., la violazione viene segnalata al Pubblico Ministero ai sensi dell’articolo 347 del codice di procedura penale.
Per i “luoghi di lavoro”, invece, potrebbe essere adottata la disciplina sanzionatoria del Decreto Legislativo n. 758/1994, tenendo conto dell’articolo 301 del Decreto Legislativo n. 81/2008, il quale stabilisce che questa disciplina si applica alle violazioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro previste dal D.Lgs. n. 81/2008 e da altre disposizioni aventi forza di legge.
Tuttavia, l’articolo 14, comma 2 del D.Lgs. n. 81/2008 stabilisce che, per quanto riguarda la prevenzione incendi, in virtù della competenza esclusiva del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco di cui all’articolo 46, trovano applicazione le disposizioni degli articoli 16, 19 e 20 del D.Lgs. n. 139/2006.
In ogni caso, a livello locale, potrebbero essere adottate altre interpretazioni che propendono per segnalare al Pubblico Ministero la violazione anche per i “luoghi di lavoro”, senza avviare la procedura disciplinata dal D.Lgs. n. 758/1994.
Le pene previste in tal caso dall’art. 20, comma 2 del D.Lgs. n. 139/2006 in caso di attestazione di fatti non rispondenti al vero, sono rappresentate dalla reclusione e multa. Si tratta pertanto di «delitto», reato più grave di quelli contravvenzionali (puniti con arresto o ammenda) che contraddistinguono in genere le inadempienze in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Come è stato semplificato l’aspetto «autorizzatorio» della prevenzione incendi
Fase | Vecchio Regolamento (D.P.R. 12 gennaio 1998 n. 37) | Nuovo Regolamento (D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151) |
Inizio attività | Il cittadino chiede il rilascio del CPI e presenta la DIA che costituisce autorizzazione provvisoria all’esercizio dell’attività, in attesa del sopralluogo VVF. | Il cittadino presenta la SCIA che costituisce autorizzazione definitiva all’esercizio dell’attività. |
Sopralluogo VVF | I VVF eseguono sempre il sopralluogo e rilasciano il CPI che costituisce autorizzazione definitiva all’esercizio dell’attività. | I VVF eseguono eventuale sopralluogo (obbligatorio solo per categoria C) e redigono verbale di visita tecnica. Per categoria C tale verbale è detto «CPI», e viene inviato al cittadino. |
Come sono cambiati i due procedimenti principali di prevenzione incendi
Procedura | Vecchio Regolamento | Nuovo Regolamento | ||
Termini | Attività | Termini | Attività | |
«Esami progetto» | 45 giorni (*) | tutte | 60 giorni | Categoria B/C |
«Sopralluoghi» | 90 giorni (**) | tutte | 60 giorni | Categoria C Categoria A/B a campione |
(*) In caso di situazioni complesse il termine poteva essere prorogato al 90° giorno previa comunicazione. (**) Il termine poteva essere prorogato, per una sola volta, di 45 giorni, con motivata comunicazione. |
Disciplina sanzionatoria
Il Capo II del Decreto Legislativo n. 758/1994 prevede una causa speciale di estinzione dei reati di tipo contravvenzionale in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, puniti con la pena alternativa dell’arresto o ammenda, in base alle norme indicate nell’allegato I del decreto. L’estinzione è legata al verificarsi di due successivi eventi: il tempestivo adempimento della prescrizione impartita dall’organo di vigilanza e il pagamento in via amministrativa di una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa. Questo istituto presenta notevoli analogie con quello dell’oblazione, previsto dagli articoli 162 e 162 bis del Codice penale, ma si discosta da esso perché l’estinzione del reato consegue non solo al pagamento di una somma di denaro, ma anche al tempestivo adempimento della prescrizione e perché il pagamento della somma avviene non in sede giudiziaria ma in sede amministrativa.
Si evidenzia che sono soggetti a tale procedura i reati compresi nell’allegato I del D.Lgs. n. 758/94, nonché, ai sensi dell’articolo 301 del D.Lgs. n. 81/2008, le contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro previste dal D.Lgs. n. 81/2008 e da altre disposizioni aventi forza di legge.
Quando l’organo di vigilanza, come ad esempio i vigili del fuoco in materia di prevenzione incendi e lotta antincendio, riscontra una violazione costituente reato contravvenzionale, in base alle norme indicate nell’allegato 1 del decreto, emana un’apposita prescrizione al contravventore e stabilisce un termine per la regolarizzazione.
La prescrizione viene notificata al contravventore, con l’obbligo di adempiere entro il termine stabilito al fine di eliminare la contravvenzione già accertata, secondo le modalità e i tempi indicati.
Nel caso in cui oltre alla violazione di una norma venga riscontrata una situazione di pericolo, l’organo di vigilanza può imporre specifiche prescrizioni per far cessare lo stato di pericolo, in attesa della regolarizzazione. In ogni caso, l’organo di vigilanza deve comunicare al pubblico ministero la notizia di reato inerente alla contravvenzione, come previsto dall’art. 347 del Codice di procedura penale. Il contravventore deve essere individuato nella persona che ha effettivamente violato la norma, come stabilito dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, che prevede diverse figure soggettive passibili di sanzione penale, come il datore di lavoro, i dirigenti, i preposti, i lavoratori, gli installatori, i progettisti, i fabbricanti, i fornitori, ecc.
Il termine stabilito per la regolarizzazione deve essere strettamente necessario per attuare la specifica prescrizione e non può superare i sei mesi, computati dal giorno della notifica al contravventore. In casi di particolare complessità o di oggettiva difficoltà nell’adempimento, il termine può essere prorogato fino ad un massimo di sei mesi, comprensivo del termine già trascorso. Tuttavia, questa proroga deve essere comunicata al pubblico ministero mediante un provvedimento motivato. Se per cause obiettive non imputabili al contravventore questi non riesce a provvedere alla regolarizzazione entro i sei mesi, può essere concessa una sola volta un’ulteriore proroga fino a sei mesi su istanza del contravventore, previa specifica indicazione delle circostanze giustificative.
L’organo di vigilanza comunica al pubblico ministero la notizia di reato, che iscrive nel registro apposito tenendo sospeso il procedimento fino al ricevimento delle comunicazioni dell’organo di vigilanza. La sospensione non preclude al pubblico ministero la possibilità di richiedere l’archiviazione, di compiere atti investigativi urgenti o di chiedere il sequestro probatorio, né impedisce il ricorso all’incidente probatorio.
L’organo di vigilanza verifica entro sessanta giorni dalla scadenza del termine prescritto l’eventuale adempimento delle prescrizioni. In base all’esito, possono verificarsi tre casi:
- Puntuale adempimento: il contravventore può pagare in sede amministrativa entro trenta giorni una somma pari a un quarto del massimo dell’ammenda prevista. In questo caso, l’organo di vigilanza comunica entro centoventi giorni dall scadenza del termine l’avvenuto adempimento e l’eventuale pagamento dell’ammenda, estinguendo così la contravvenzione.
- Adempimento in un termine superiore o eseguito con modalità diverse dalle prescritte: il giudice può ammettere il contravventore alla procedura di oblazione, con il pagamento di una somma pari a un quarto del massimo dell’ammenda.
- Mancato adempimento: l’organo di vigilanza comunica al pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato, e il procedimento penale riprenderà il suo corso.
L’attività di vigilanza nei luoghi di lavoro è regolata dall’articolo 19 del Decreto Legislativo numero 139 del 2006.
Il personale dei Vigili del Fuoco, in base all’articolo 13 del Decreto Legislativo numero 81 del 2008, è designato come organo di vigilanza per l’applicazione della legislazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, con competenze specifiche in materia di sicurezza antincendio.
Conformemente alla legge numero 1570 del 1941 e alla legge numero 469 del 1961, queste disposizioni sono state ultimamente incorporate nell’articolo 6, comma 2, del Decreto Legislativo numero 139 del 2006, e nell’esercizio delle loro funzioni, il personale dei Vigili del Fuoco agisce come ufficiale e agente di polizia giudiziaria.
In particolare, il personale del ruolo di vigile del fuoco assume la qualifica di agente di polizia giudiziaria, limitatamente all’esercizio delle funzioni previste. Mentre il personale del ruolo dei CS (Capo Squadra), CR (Capo Reparto), ispettori e SDA (Sovrintendenti di I Grado) assume la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, come stabilito dall’articolo 2 del Decreto Legislativo numero 217 del 2005.
Per quanto riguarda i funzionari direttivi, i primi dirigenti e i dirigenti superiori, esclusi coloro che ricoprono la carica di comandante dei vigili del fuoco, essi assumono la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, come indicato dall’articolo 142 del Decreto Legislativo numero 217 del 2005, modificato successivamente dal Decreto Legislativo numero 127 del 2018.
L’organo di vigilanza, nell’emettere una prescrizione volta alla regolarizzazione, deve anche individuare eventuali misure specifiche atte a eliminare il pericolo immediato e grave. Questo atto richiede un’elevata competenza tecnico-giuridica da parte del personale ispettivo.
Da ciò deriva la necessità della competenza esclusiva dell’organo di vigilanza, a cui devono fare riferimento anche gli altri organi di polizia giudiziaria (come il Pubblico Ministero, la Polizia di Stato, i Carabinieri, la Guardia di Finanza, ecc.), al fine di determinare correttamente le prescrizioni necessarie per eliminare la contravvenzione.
Con l’istituto della prescrizione, il legislatore ha adottato tutte le precauzioni e gli accorgimenti necessari quando si verifichi un pericolo (da valutare con scrupolosa discrezione da parte dell’Ufficiale di Polizia Giudiziaria), tra l’accertamento della contravvenzione e il termine assegnato per la regolarizzazione.
L’uso di questo potere discrezionale promuove gli obiettivi preventivi e evita che l’organo di vigilanza debba ricorrere a provvedimenti penali più restrittivi, come il sequestro, che potrebbero rallentare i tempi di intervento necessari per risolvere la situazione.
Altri organi di polizia giudiziaria con competenza generale possono contestare reati anche in materia di prevenzione incendi, indipendentemente dal fatto che l’attività sia soggetta al controllo dei Vigili del Fuoco. In tal caso, possono trasmettere al Comando dei Vigili del Fuoco la documentazione per i provvedimenti di competenza.
Anche l’Autorità Giudiziaria può delegare i controlli in materia di sicurezza del lavoro, per la parte di sua competenza, ai Vigili del Fuoco, dopo un esposto, una denuncia o una comunicazione di reato proveniente da un altro organo di polizia giudiziaria (come la Polizia, i Carabinieri, la Polizia Municipale, l’ASL, la Direzione Provinciale del Lavoro, ecc.). La distinzione tra attività soggette o non soggette è irrilevante ai fini dell’attività repressiva dei reati.
Il personale dell’ASL o altri organi di polizia giudiziaria con competenza generale può svolgere attività di polizia giudiziaria su attività soggette a controllo, anche per quanto riguarda gli argomenti di prevenzione incendi. Il limite operativo degli organi di polizia giudiziaria diversi dai Vigili del Fuoco è principalmente legato alla loro capacità professionale di comprendere a fondo la complessa materia della prevenzione incendi. Tuttavia, è importante raggiungere intese con altri organi di polizia giudiziaria, soprattutto con l’ASL, per evitare duplicazioni inutili.
Violazioni più ricorrenti alla normativa di cui al D.Lgs. n. 81/2008
Violazione dell’art. 46, comma 2: Omessa adozione di idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l’incolumità dei lavoratori relativamente alla:
- mancata attuazione delle prescrizioni dettate dal Comando provinciale dei Vigili del fuoco o mancata effettuazione dei lavori di cui al progetto approvato dal Comando …
- mancato rispetto delle disposizioni contenute sulla regola tecnica di prevenzione incendi …
(punito dall’art. 55, comma 5, lett. c con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.708,61 a 7.403,96 euro).
Violazione dell’art. 64, comma 1, lett. a): Il luogo di lavoro non è conforme ai requisiti di cui all’art. 63, comma 1 per la mancanza di requisiti indicati nell’Allegato IV:
- Vie e uscite di emergenza non sgombre… o con altezza inferiore a m 2,0 e/o larghezza minima non conforme… uscite di emergenza non dotate di porte apribili nel verso dell’esodo… porte delle uscite di emergenza chiuse a chiave… vie e uscite di emergenza non dotate di illuminazione di sicurezza… mancata predisposizione di mezzi ed impianti di estinzione idonei… o non mantenuti in efficienza e controllati… ecc.
(punito dall’art. 68, comma 1, lett. b[5] con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.423,83 a 6.834,44 euro).
Violazione dell’art. 64, comma 1 lett. a: Il luogo di lavoro non è conforme ai requisiti di cui all’art. 63, comma 1 per la mancanza di requisiti indicati nell’Allegato IV:
- 4.1. I progetti di nuovi impianti o costruzioni[6] di cui al punto 4.3 o di modifiche di quelli esistenti, non sono stati sottoposti al preventivo parere di conformità sui progetti da parte del Comando provinciale dei Vigili del fuoco, al quale dovrà essere richiesta la visita di controllo ad impianto o costruzione ultimati, prima dell’inizio delle lavorazioni, secondo le procedure[7] di cui all’art. 16 del D.Lgs. n. 139/2006.
È interessante notare come nel tempo le sanzioni per le violazioni delle norme in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro siano state soggette a diverse rivalutazioni e maggiorazioni, come previsto da specifiche disposizioni normative.
Inizialmente, con riferimento all’articolo 306, comma 4-bis del D.Lgs. n. 81/2008, la rivalutazione delle ammende era prevista ogni cinque anni con decreto del direttore generale della Direzione generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Questa rivalutazione avveniva in base all’indice ISTAT dei prezzi al consumo, con arrotondamento delle cifre al decimale superiore. Nel 2013, ad esempio, la rivalutazione era del 9,6%.
Successivamente, nel 2018, con il Decreto direttoriale INL n. 12 del 6 giugno, si è verificata una rivalutazione del 1,9%. Questo è stato seguito dalla Legge n. 145/2018, che ha introdotto una maggiorazione del 10% a decorrere dal 1° gennaio 2019 per le violazioni delle disposizioni del D.Lgs. n. 81/2008.
Infine, nel 2023, con il Decreto direttoriale INL n. 111 del 20 settembre, è stata stabilita un’altra rivalutazione del 15,9%.
Queste variazioni nel tempo hanno portato a significative modifiche negli importi delle sanzioni. Ad esempio, se inizialmente un’ammenda era di 1.000,00 euro, dopo le diverse rivalutazioni e maggiorazioni, il suo importo si è elevato a 1.423,83 euro a partire dal 1° luglio 2023.
Attestazione di rinnovo periodico
Il nuovo regolamento introduce importanti cambiamenti riguardo all’attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio per le attività di categoria A/B/C. Una delle principali modifiche è la periodicità dell’attestazione, fissata a 5 anni per la maggior parte delle attività, con alcune eccezioni che hanno una periodicità di 10 anni. Questa periodicità si applica anche alle attività che in precedenza avevano scadenze del Certificato di Prevenzione Incendi (C.P.I.) una tantum.
È fondamentale che l’attestazione di rinnovo periodico sia redatta utilizzando il modulo PIN3-2018 e presentata al Comando prima della scadenza, allegando l’asseverazione della funzionalità e l’efficienza degli impianti di protezione attiva antincendi, oltre all’eventuale documentazione per le modifiche non sostanziali. È inoltre necessario allegare l’attestato del versamento a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.
In contrasto con il regolamento precedente, non è più richiesta la presentazione della perizia giurata, ma solo dell’asseverazione. Inoltre, è stato eliminato l’allegato della dichiarazione “situazione non mutata”, poiché l’attestazione contiene già la dichiarazione sull’assenza di variazioni alle condizioni di sicurezza antincendio.
Questi cambiamenti semplificano il processo di rinnovo periodico, eliminando alcune pratiche burocratiche e introducendo una maggiore uniformità nei requisiti per tutte le attività soggette.
Dal momento che le comunicazioni non contengono istanze specifiche, non è necessario comunicare l’avvio del procedimento. Tuttavia, è importante assicurare che il richiedente abbia ricevuto una ricevuta di avvenuta presentazione, rilasciata contestualmente alla presentazione dei documenti.
Presso il Comando, oltre alla verifica della completezza formale della dichiarazione e della documentazione richiesta dall’articolo 5 del Decreto Ministeriale del 7 agosto 2012, potrebbero essere condotti controlli più approfonditi da parte del personale tecnico. Indipendentemente da tali controlli, è importante garantire che il richiedente riceva immediatamente una ricevuta che attesti l’avvenuta presentazione dei documenti.
Questa pratica assicura una maggiore trasparenza e tempestività nel processo di gestione delle comunicazioni, garantendo al contempo che il richiedente abbia prova della presentazione dei suoi documenti.
L’interpretazione fornita con la circolare DCPREV prot. n. 5555 del 18 aprile 2012 stabilisce che la presentazione ritardata dell’attestazione di rinnovo potrebbe implicare diverse implicazioni:
- Temporanea interruzione dell’attività: Il ritardo nella presentazione potrebbe essere interpretato come una interruzione temporanea dell’attività, il che potrebbe avere conseguenze sulle operazioni dell’azienda.
- Violazione dell’art. 5 del D.P.R. 151/2011: La mancata presentazione tempestiva dell’attestazione di rinnovo potrebbe essere considerata una violazione normativa.
Dal punto di vista penale, il Comando ha il potere di accertare eventuali violazioni attraverso visite tecniche, come previsto dall’articolo 19 del D.Lgs. n. 139/2006, senza alcun costo per l’utente. Questo potrebbe portare a sanzioni amministrative o penali, a seconda della natura della violazione.
Tuttavia, vi possono essere interpretazioni diverse a livello locale. Alcuni potrebbero ritenere che le sanzioni penali si applichino solo a coloro che omettono del tutto di presentare la SCIA o l’attestazione di rinnovo, non coloro che ritardano la presentazione. Questa interpretazione potrebbe implicare che il ritardo nella presentazione non sia penalmente sanzionato, ma solo coloro che non presentano affatto i documenti.
Alla luce di quanto sopra, si riepilogano di seguito gli adempimenti previsti per ciascuna tipologia di modifica ad una attività esistente soggetta ai controlli di prevenzione incendi:
- Modifica «non rilevante» o «non sostanziale» (articolo 4, comma 8 del D.M. 7 agosto 2012): Le modifiche non ricomprese all’articolo 4 comma 6 del D.P.R. 151/2011, nonché quelle considerate non sostanziali, ai fini antincendio, da specifiche norme di prevenzione incendi sono documentate al Comando all’atto della presentazione della attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio. Per l’individuazione di tali modifiche si può fare riferimento ai criteri di cui all’Allegato IV del D.M. 7 agosto 2012 o, in alternativa, alla valutazione dei rischi di incendio dell’attività. Tali modifiche devono essere documentate all’atto dell’attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio.
- Modifica «con variazione» delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio (articolo 4, comma 6 del D.P.R. 151/2011): L’obbligo di avviare nuovamente le procedure previste per la SCIA ricorre quando vi sono modifiche di lavorazione o di strutture, nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi e ogni qualvolta sopraggiunga una modifica delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate. Nell’allegato IV al D.M. 7 agosto 2012 sono indicate, in maniera qualitativa, le modifiche delle attività esistenti rilevanti ai fini della sicurezza antincendio che comportano variazione delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio. Per tali modifiche deve essere presentata una nuova
- Modifica «con aggravio» delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio (articolo 3, comma 1 del D.P.R. 151/2011): Ricorre l’obbligo di richiedere l’esame dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti, che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio. Per tali modifiche deve essere presentato un nuovo esame progetto.
Modifiche non sostanziali
Art. 4, comma 8 del D.M. 7 agosto 2012: Le modifiche non ricomprese all’art. 4, comma 6 del D.P.R. 151/2011, nonché quelle considerate non sostanziali, ai fini antincendio, da specifiche norme di prevenzione incendi sono documentate al Comando all’atto della presentazione della attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio. Per l’individuazione di tali modifiche si può fare riferimento ai criteri di cui all’Allegato IV del D.M. 7 agosto 2012 o, in alternativa, alla valutazione dei rischi di incendio dell’attività.
Modifiche con variazione delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio
Art. 4, comma 6 del D.P.R. n. 151/2011: l’obbligo di avviare nuovamente le procedure previste per la SCIA ricorre quando vi sono modifiche di lavorazione o di strutture, nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi e ogni qualvolta sopraggiunga una modifica delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate.
Nell’allegato IV al D.M. 7 agosto 2012 sono indicate, in maniera qualitativa, le modifiche delle attività esistenti rilevanti ai fini della sicurezza antincendio che comportano variazione delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio.
Modifiche con aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio
Art. 3, comma 1 del D.P.R. n. 151/2011: obbligo di richiedere l’esame dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti, che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio.
L’articolo 6 del D.P.R. n. 151/2011 stabilisce gli obblighi connessi all’esercizio dell’attività per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi che non rientrano nel campo di applicazione del D.Lgs. n. 81/2008. Queste attività devono mantenere in uno stato di efficienza adeguato i sistemi, dispositivi, attrezzature e altre misure di sicurezza antincendio. Inoltre, devono effettuare verifiche, controlli, e manutenzione, e devono annotare tutte queste attività in un apposito registro.
Tuttavia, l’articolo non specifica esplicitamente gli obblighi relativi alle attività soggette al D.Lgs. n. 81/2008. Questa mancanza di chiarezza normativa ha creato confusione in passato, specialmente riguardo alla tenuta del cosiddetto “registro dei controlli”.
In sostanza, mentre l’articolo disciplina chiaramente gli obblighi per le attività non soggette al D.Lgs. n. 81/2008, le norme relative alle attività soggette a questa legge possono essere soggette a interpretazioni o linee guida supplementari per chiarire gli obblighi specifici.
Richiesta di deroga
Le norme di prevenzione incendi emanate dal Ministero dell’Interno adottano un approccio “deterministico-prescrittivo”. Tuttavia, ci sono situazioni in cui vincoli strutturali, impiantistici, edilizi o di altra natura impediscono di rispettare integralmente tali disposizioni antincendio. Per gestire queste situazioni, è previsto l’istituto della deroga, che consente di adottare misure tecniche alternative in grado di garantire un livello di sicurezza equivalente.
La procedura di deroga è applicabile sia alle attività soggette che non soggette alle normative antincendio, purché siano dotate di specifiche regole tecniche di prevenzione incendi. Questo include locali di pubblico spettacolo, impianti sportivi, scuole, ospedali, alberghi, impianti termici a gas o a combustibile liquido, autorimesse, gruppi elettrogeni, e altre strutture simili.
La richiesta di deroga deve essere compilata utilizzando il modello mod. PIN4-2018, e va presentata alla Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco attraverso il Comando provinciale. Alla richiesta devono essere allegati documenti conformi all’allegato I del D.M. 7 agosto 2012, firmati da un professionista antincendio. Questa documentazione deve includere una valutazione del rischio aggiuntivo derivante dalla mancata osservanza delle disposizioni cui si intende derogare, insieme alle misure tecniche proposte per compensare tale rischio.
In caso di presentazione cartacea della richiesta, questa deve essere in triplice copia, mentre la documentazione tecnica allegata deve essere in duplice copia.
I criteri di ammissibilità per la deroga sono stati definiti con maggior dettaglio nella Lettera Circolare DCPREV prot. n. 8269 del 20 maggio 2010. Questa lettera chiarisce che l’impossibilità di conformarsi alle norme antincendio può derivare da diverse cause:
- Vincoli esistenti: Questa categoria non richiede ulteriori spiegazioni, poiché si riferisce a vincoli già esistenti che impediscono di rispettare le norme antincendio.
- Caratteristiche dell’attività: La circolare ha fornito chiarimenti per uniformare a livello nazionale l’applicazione di questa categoria. Tra le caratteristiche non tecniche che devono essere prese in considerazione, vi sono soluzioni architettoniche o tecnologiche innovative, sperimentazione di materiali, problematiche locali e anche considerazioni di natura economica.
In particolare, è stato precisato che la mancanza di adeguata motivazione non deve essere motivo sufficiente per respingere la richiesta di deroga. Questo significa che, anche se la motivazione fornita non è esaustiva, non dovrebbe portare automaticamente al rigetto dell’istanza.
Nel caso di una deroga che adotta un approccio ingegneristico, la documentazione tecnica deve essere integrata con ulteriori elementi:
- Valutazione sul rischio aggiuntivo e misure tecniche compensative: Questo documento dovrebbe essere redatto con l’approccio ingegneristico e deve essere firmato da un professionista nel campo della prevenzione incendi. Questo documento valuta il rischio aggiuntivo che potrebbe derivare dalla mancata osservanza delle norme antincendio e propone misure tecniche che compensano questo rischio aggiuntivo in modo efficace.
- Programma per l’attuazione del sistema di gestione della sicurezza antincendio (SGSA): Questo documento dettaglia il programma per l’attuazione del sistema di gestione della sicurezza antincendio, che è essenziale per garantire che le misure tecniche e organizzative siano implementate correttamente e mantenute nel tempo.
È importante notare che il corrispettivo per la valutazione della deroga con approccio ingegneristico è maggiorato del 50% rispetto a quanto previsto per la valutazione del progetto standard, poiché richiede un lavoro più approfondito e specializzato da parte del professionista antincendio.
Il processo di esame delle domande di deroga segue una serie di passaggi ben definiti:
- Esame da parte del Comando: Il Comando dei Vigili del Fuoco esamina la domanda di deroga presentata entro 30 giorni dalla ricezione. Durante questo periodo, valuta la completezza della documentazione e può richiedere ulteriori informazioni o chiarimenti al richiedente, se necessario.
- Trasmissione alla Direzione Regionale: Una volta completata la valutazione iniziale, il Comando trasmette la domanda, insieme al proprio parere, alla Direzione Regionale competente. Questo deve essere fatto entro il termine di 30 giorni dalla ricezione della domanda.
- Pronuncia della Direzione Regionale: La Direzione Regionale, dopo aver ricevuto la domanda e il parere del Comando, avvia il processo di valutazione. Questo include la consultazione del Comitato Tecnico Regionale di prevenzione incendi. La Direzione Regionale si pronuncia entro 60 giorni dalla ricezione della domanda.
- Comunicazione della decisione: Una volta presa la decisione, la Direzione Regionale comunica contestualmente la sua pronuncia al Comando e al richiedente. Questo passaggio è importante per garantire trasparenza e chiarezza nel processo decisionale.
Questo processo assicura che le domande di deroga siano valutate in modo completo e accurato, coinvolgendo le autorità competenti a livello regionale e garantendo che le decisioni siano prese in conformità con le normative vigenti.
Nulla osta di fattibilità (N.O.F)
Il procedimento di richiesta di nulla osta di fattibilità per progetti di particolare complessità offre un’opportunità importante per i responsabili delle attività soggette di categorie B e C. Ecco una panoramica dei passaggi principali:
- Presentazione della richiesta: Il responsabile dell’attività presenta la richiesta di nulla osta di fattibilità al Comando dei Vigili del Fuoco utilizzando il modulo PIN5-2018. La richiesta deve essere accompagnata dalla documentazione necessaria conforme all’allegato I del D.M. 7 agosto 2012 e dall’attestato di pagamento delle relative spese.
- Esame preliminare: Il Comando dei Vigili del Fuoco esegue un esame preliminare della richiesta entro 30 giorni dalla sua ricezione. Durante questo periodo, valuta la fattibilità del progetto e fornisce un parere preliminare sui vari aspetti indicati nella richiesta.
- Allegati e documentazione: La documentazione allegata alla richiesta deve essere completa e accurata, in particolare per gli aspetti per i quali si richiede il parere del Comando. La firma del tecnico abilitato è essenziale per garantire la conformità della documentazione.
- Termine di conclusione: Il Comando dei Vigili del Fuoco ha 30 giorni di tempo per completare l’esame preliminare della richiesta e fornire il parere preliminare. Questo termine è importante per assicurare tempi rapidi nel processo decisionale.
- Argomenti della richiesta: L’istanza può coprire una serie di argomenti, tra cui ubicazione, comunicazioni e separazioni, resistenza al fuoco, vie di fuga, impianti di sicurezza e molto altro ancora. È importante specificare chiaramente gli aspetti per i quali si richiede il parere del Comando.
Questo procedimento offre ai responsabili delle attività soggette un’opportunità per ottenere un parere preliminare sulle questioni di sicurezza antincendio relative ai loro progetti di particolare complessità. La tempistica definita e la chiarezza nella presentazione della richiesta sono fondamentali per un processo efficiente e trasparente.
Verifica in corso d’opera
La verifica in corso d’opera è un altro procedimento facoltativo che offre ai responsabili delle attività soggette un’opportunità per ottenere un supporto tecnico durante la fase di realizzazione dell’opera. Ecco una panoramica dei passaggi principali:
- Presentazione della richiesta: I responsabili delle attività di categoria A/B/C possono richiedere visite tecniche da effettuarsi durante la realizzazione dell’opera presentando una richiesta utilizzando il modulo PIN 6-2018. La richiesta deve essere accompagnata dalla documentazione relativa agli aspetti oggetto della domanda, firmata da un tecnico abilitato, e dall’attestato di pagamento delle relative spese.
- Specifiche degli aspetti: È importante specificare chiaramente a quali aspetti di prevenzione incendi l’istanza si riferisce. Questo aiuta il Comando dei Vigili del Fuoco a concentrare la visita tecnica sugli aspetti rilevanti per garantire la conformità alle normative antincendio.
- Documentazione tecnica: La documentazione tecnica allegata alla richiesta deve essere completa e accurata, illustrando in dettaglio gli aspetti di prevenzione incendi oggetto della richiesta. È fondamentale che la documentazione sia firmata da un tecnico abilitato per garantire la sua validità.
- Termine di conclusione: Il Comando dei Vigili del Fuoco ha 30 giorni di tempo per completare la verifica in corso d’opera e fornire eventuali raccomandazioni o suggerimenti. Questo termine è importante per assicurare che i lavori possano procedere in conformità alle normative antincendio.
Questo procedimento offre ai responsabili delle attività soggette un’opportunità per ottenere un supporto tecnico durante la fase di realizzazione dell’opera e assicurare la conformità alle normative antincendio. La chiarezza nella presentazione della richiesta e la completezza della documentazione sono fondamentali per garantire un processo efficiente e trasparente.
Voltura
La procedura di voltura è fondamentale quando avviene un cambio nella responsabilità delle attività soggette alla normativa antincendio. Ecco i principali punti relativi a questa procedura:
- Comunicazione al Comando: I nuovi titolari delle attività di categoria A/B/C sono tenuti a comunicare al Comando dei Vigili del Fuoco la variazione della responsabilità attraverso la presentazione del modulo PIN 7-2018. Questo modulo contiene una dichiarazione in cui il nuovo titolare si impegna ad osservare gli obblighi legati all’esercizio dell’attività e attesta l’assenza di variazioni delle condizioni di sicurezza antincendio rispetto a quanto precedentemente segnalato al Comando.
- Impegno e dichiarazione: Nel modulo di richiesta, il dichiarante attesta il proprio impegno nel rispettare gli obblighi relativi alla sicurezza antincendio e conferma che non ci sono state variazioni nelle condizioni di sicurezza rispetto a quanto precedentemente comunicato al Comando.
- Conseguenze delle dichiarazioni mendaci: È importante notare che il dichiarante è consapevole delle conseguenze penali e amministrative previste dalla legge in caso di dichiarazioni mendaci o uso di atti falsi. Questo è un deterrente per assicurare la veridicità delle informazioni fornite al Comando dei Vigili del Fuoco.
La procedura di voltura assicura che il nuovo titolare dell’attività sia consapevole delle proprie responsabilità in materia di sicurezza antincendio e fornisce al Comando le informazioni necessarie per mantenere aggiornati i propri registri e monitorare la conformità alle normative di sicurezza.