– Ventisette sono gli anni di carcere per l’accusa di omicidio volontario plurimo che dovranno scontare i coniugi Giovanni Vincenti e Antonella Patrucco responsabili della morte di Antonino Candido, Matteo Gastaldo e Marco Triches.
Un pianto liberatorio dei genitori di Antonino, abbracciati dai loro legali Fabio Federico e Sergio Mazzù, chiude una brutta vicenda che ha segnato un Paese intero e che all’unisono, sin dal giorno della strage a Quargnento, avvenuta la notte tra il 4 e il 5 Novembre del 2019, chiedeva giustizia per i tre giovani vigili del fuoco e per i due colleghi Giuliano Dodero e Graziano Luca Trombetta rimasti feriti durante l’esplosione del cascinale insieme al carabiniere Roberto Borlengo.
Questa mattina, a Torino, la Corte d’Assise d’Appello, ritirata in Camera di Consiglio, ha valutato la proposta delle difese dei coniugi Vincenti che chiedevano di procedere ad un concordato di 27 anni di carcere che raggruppasse tutti i reati per cui sono stati condannati. La difesa dei due imputati, inoltre, in cambio della pena concordata con il sostituto procuratore generale Marcello Tatangelo, ha rinunciato al ricorso in Cassazione.
In aula, assenti i coniugi Vincenti ma presenti i genitori di Nino Candido che, dall’inizio del processo, non hanno perso nemmeno un’udienza perché “Nino, Matteo e Marco hanno diritto ad avere la loro giustizia”.
Tra gli sguardi stanchi dei parenti delle vittime e persi in quella frase che spicca in aula “La legge è uguale per tutti”, alle 12,15 arriva la decisione: 27 anni di carcere a Giovanni Vincenti, 26 anni e 11 mesi alla moglie, Antonella Patrucco perché la donna non è responsabile della calunnia nei confronti del vicino di casa.
Un incubo che finisce a livello giudiziario ma che continua, purtroppo, per le famiglie delle tre giovani vittime sottratte dei loro affetti più cari.
“Hanno stravolto le loro vite e le nostre – afferma in lacrime, dopo la lettura della sentenza, la mamma di Nino Candido, Maria Stella Ielo -. Avevamo promesso che non avremmo mai mollato e, oggi, siamo arrivati alla fine. Quei due devono pagare il debito che hanno con la società. Hanno detto che non volevano fare del male, ma dopo la prima esplosione, avevano il tempo di avvertire tutti, di salvare i nostri ragazzi, ma non lo hanno fatto. In tutta questa brutta e dolorosa vicenda, una cosa è certa: mio figlio Antonino, Matteo e Marco non torneranno mai più a casa”.
Mamma Marina e papà Angelo non si sono mai persi un’udienza, partivano da Reggio Calabria per ascoltare, guardare in faccia chi ha causato questo insormontabile dolore e, nonostante la stanchezza causata dai tantissimi chilometri, la loro unica consolazione era quella di avere un giorno, giustizia e non vendetta.
“La vendetta è una strada impervia, una foresta nella quale puoi smarrirti e noi non potevamo né volevamo perdere la strada da seguire, quella della giustizia, perché i nostri ragazzi, in quella tragica notte, hanno perso la loro vita onorando la divisa che indossavano – aggiunge commosso papà Angelo, anche lui vigile del fuoco -. Oggi, si mette un punto ad un processo che condanna i responsabili ma nessuna sentenza metterà fine al dolore incolmabile che ci hanno costretto a vivere per sempre”
Fonte. Strill.it